http://giustogiusti.blogspot.it/
Lunedì 7 settembre 2009
INCOMPATIBILITA' CARCERARIA
INCOMPATIBILITA’ CARCERARIA
Il concetto di “incompatibilità carceraria”, inteso come impossibilità di far sussistere insieme la patologia di un soggetto con la sua condizione di detenuto, senza che vi siano conseguenze dannose per la sua salute, è stato elaborato dagli studiosi del diritto proprio a garanzia del principio di cui all’art.32 Cost. Nel carcere il rapporto salute-sicurezza s’inverte, ovvero, l’esigenza della difesa sociale, realizzata con la pena inflitta, deve cedere il posto alla prioritaria assicurazione della salute individuale del detenuto ;quindi la pena detentiva, deve rispettare il senso di umanità invocato con l’art 27 della costituzione. Si deduce così, come lo stato della salute del detenuto, incida sulla possibilità del differimento della pena. Oltre alla detta condizione sanitaria del soggetto detenuto, affinché si realizzi la condizione d’incompatibilità, è necessaria anche la presenza di strutture sanitarie penitenziarie inidonee, incapaci di fronteggiare la situazione clinica del soggetto. Da quanto detto sì deduce, che in realtà sussiste una condizione di relativizzazione del concetto d’incompatibilità, che quindi è dipendente sia dalla condizione clinica osservata, che dalla capacità della struttura penitenziaria a garantire cure idonee. Il Giudice, quindi, deve verificare non solo l’entità della patologia e le conseguenze che da essa possono derivarne, ma anche se tale malattia sia curabile nella struttura sanitaria dell’Istituto di reclusione o in altro luogo esterno di cura. Inoltre, è bene ricordare, che per la Cassazione 7.7.1994, n.2080, le condizioni di guaribilità o di reversibilità della malattia, non sono elementi considerabili , infatti in tale sentenza si legge:"La guaribilità o reversibilità della malattia non sono requisiti richiesti dalla normativa vigente in tema di differimento dell'esecuzione della pena, per la cui concessione è sufficiente che l'infermità sia di tale rilevanza da far apparire l'espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità."
La sospensione della pena detentiva è prevista dagli artt 147 e 146 del c.p. L’art 147 prevede il differimento facoltativo della pena detentiva:
“1) se è presentata domanda di grazia, in tal caso l’esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore a sei mesi, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata;
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni, ma il provvedimento sarà revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio”.
A questo punto è bene sottolineare, che la Corte costituzionale nella sentenza 114/79 ha chiarito il concetto di grave infermità fisica, espresso dall’ art. suddetto, intendendolo come condizione fisica "non suscettibile di guarigione mediante le cure o l'assistenza medica disponibili nel luogo di esecuzione”. L’art.147 trova le sue fondamenta nella sentenza di Cassazione penale del 4.2.1997, n.6283, Calzolaio,che afferma:”La ragione ispiratrice dell'art.147 è quella di evitare al condannato trattamenti inumani e la sua sottomissione ad una pena di fatto più grave di quella irrogatagli, in quanto espiata in uno stato di menomazione fisica di tale rilevanza da implicare necessariamente, oltre alla preoccupazione legata ad un eventuale giudizio di inadeguatezza dell'assistenza sanitaria, istituzionalmente garantita, anche il profondo disagio morale prodotto dal particolare tipo di vita imposto dal carcere a chi, non solo non può più approfittare dell'opportunità offertagli per la sua rieducazione, ma vede amplificarsi senza rimedio gli aspetti negativi: a tali criteri il giudice deve riferirsi ai fini della decisione".
L’art.146 c.p. prevede il differimento obbligatorio della pena detentiva:
1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta, in tal caso è prevista la revoca del differimento se la gravidanza s’ interrompe;
2) se deve aver luogo nei confronti di madre d’ infante di età inferiore ad anni uno, ma qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio, il differimento della pena viene revocato;
3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
V.4.a. Affinché si configuri la “incompatibilità carceraria”, la giurisprudenza della Corte di Cassazione richiede il requisito della “grave infermità fisica” senza, peraltro, preoccuparsi di prevedere una incompatibilità derivante da infermità psichica o mentale nè di dare una interpretazione univoca del concetto in esame. In alcuni casi, la Corte ha dato una definizione molto ampia ed estensiva di “grave infermità fisica”. Tale orientamento emerge da una lunga serie di sentenze:
Cass. pen., sez.VI, 27 settembre 1986 (c.c. 6 agosto 1986, n. 1361), Celentano:”Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale consentito ai sensi dell'articolo 147, primo comma n.2 codice penale, per chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, deve ritenersi grave non esclusivamente quello stato patologico del condannato che determina il pericolo di morte, ma pure ogni altro stato di infermità fisica che cagioni il pericolo di altre rilevanti conseguenze dannose o, quantomeno, esiga un trattamento che non si possa attuare in ambiente carcerario e che necessariamente abbia probabilità di regressione nel senso del recupero, totale o parziale, dello stato di salute".
Cass. pen., sez. I, 14 marzo 1987 (c.c. 15 dicembre 1986, n. 304), Messina:" Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale ex articolo 147, con decreto pen., non è sufficiente che l'infermità fisica menomi in maniera anche rilevante la salute del soggetto e sia suscettibile di generico miglioramento mediante il ritorno alla libertà, ma è necessario invece, che l'infermità sia di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma costituzionale. Neanche la prognosi infausta quoad vitam crea, automaticamente, un contrasto fra l'esecuzione della pena ed il senso di umanità né rende di per sé operativa la disposizione dell'articolo 147 n. 2 codice penale, ma occorre che la malattia sia, allo stato, di tale gravità da escludere, ad un tempo, la pericolosità del condannato e la sua capacità di avvertire l'effetto rieducativo del trattamento penitenziario."
Cassazione penale 26.10.87, Nuvoletta :"L'esecuzione della pena dovrà essere differita quando la struttura penitenziaria, tenuto anche conto della possibilità del ricovero esterno, non si riveli in grado di provvedere alla cura ed all'assistenza sanitaria adeguate all'obiettiva gravità del caso, sì che appaia fondata la previsione che si fatte carenze abbiano a determinare effetti dannosi sullo stato del condannato. Se così non fosse l'esecuzione della pena verrebbe illegittimamente ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente a tutti riconosciuto (art.32 Cost.) e si risolverebbe in un trattamento contrario al senso di umanità cui la stessa deve ispirarsi."
Cass. sez. I, 17 novembre 1989, Mondino, n. 2607 :" L'articolo 147, primo comma, n. 2, codice penale, non prevede il differimento dell'esecuzione della pena in presenza di una qualunque infermità ma richiede l'esistenza di una grave infermità e se è vero che la gravità va valutata non in assoluto ma in relazione al bisogno di cure e alla loro praticabilità nello stato di detenzione, è altresì vero che ciò che giustifica il differimento è l'impossibilità di praticare utilmente le cure nel corso dell'esecuzione e non la semplice possibilità di praticarle meglio fuori dall’ambiente carcerario”.
Cass. pen. Sez. I, 17 gennaio 1991, Cosentino, n. 4228.
" Ai fini del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena e nell'ipotesi di esecuzione di pena restrittiva della libertà personale nei confronti di chi si trova in condizione di grave infermità fisica, non assume rilevanza il carattere cronico ovvero inguaribile della malattia, atteso che il requisito della guaribilità o della reversibilità dell'infermità non è previsto dalla citata disposizione. È, invece, necessario che il giudice valuti se l'infermità fisica del soggetto abbia o meno la possibilità di trarre giovamento, nello stato di libertà, di cure e trattamento sostanzialmente diversi e più efficaci di quelli che possono essere prestati nelle apposite istituzioni e strutture sanitarie penitenziarie. La mera osservazione di compatibilità dell'infermità con il regime penitenziario non soddisfa, pertanto, l'obbligo di motivazione sulla sussistenza o meno del diritto al differimento dell'esecuzione della pena, mancando in tal caso l'esame e la valutazione dell'eventuale incidenza dell'infermità adotta, in caso di permanenza del regime carcerario , sulla salute del detenuto”.
Cass. Sez. I, 25 gennaio 1991, Racca,n. 4363:" Per la concessione del differimento della pena restrittiva della libertà personale che deve essere eseguito contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, occorre la sussistenza di una malattia grave, tale cioè da porre in pericolo la vita del condannato o provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa agevolmente attuare nello stato di detenzione. Il giudizio sulla gravità ha carattere relativo giacchè si fonda sul rapporto tra condizione individuale del soggetto e condizione dell'ambiente carcerario e, pertanto, l'accertata infermità costituirà causa possibile di differimento non solo perchè grave nel senso sopra indicato, ma soprattutto in quanto potenzialmente aggravata dalla condizione carceraria. Non può, invece, assumere rilevanza il carattere cronico ed inguaribile della malattia dato che il requisito della guaribilità o della reversibilità della infermità non è richiesto dalla norma”.
Cass. pen., sez.I, 3 marzo 1992, n. 358 (c.c. 27 gennaio 1992), Viola. " In tema di sospensione dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica la durata della pena da espiare è ininfluente ai fini della valutazione dei presupposti della sospensione. Quest'ultima invero si pone in rapporto alla necessità di evitare che l'esecuzione della pena si risolva in un inutile aggravio di sofferenza per il condannato, venendo in tal modo ad incidere su due principi di rilievo costituzionale, vale a dire il divieto dei trattamenti inumani e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; principi che vanno, però, comparati con quello della certezza dell'esecuzione della pena”.
Cass.pen., sez. I, 6 luglio 1992, n.2819, Piromalli." La potestà punitiva dello stato, che l'esecuzione della pena attua con la costrizione del condannato, ha un limite costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo (articolo 32 Costituzione), che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare allorquando la pena, per le condizioni di grave infermità fisica del soggetto finisca per costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione. Nella motivazione del potere di rinvio di esecuzione della pena, il giudice di merito deve dare ragione delle sue scelte, bilanciando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (articolo 3 Costit.) con quelli della tutela della salute (articolo 32 Costit.) e del senso di umanità (articolo 27 Costit.) che deve caratterizzare l'esecuzione della pena, per modo che in sede di legittimità se ne possa valutare la correttezza e la completezza.
Sentenza del 24.5.1995, n.4727 stabilisce: "è necessario che ci si trovi in presenza di prognosi infausta quoad vitam oppure che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti indispensabili tali da non poter essere praticati in regime di detenzione intramuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art.11 dell'ordinamento penitenziario"
Cass. Sez. I, 17 maggio 1997,n. 3046." Ai fini del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, nel caso previsto dall'articolo 147, 1ºc. n. 2, codice penale deve farsi riferimento soltanto alla oggettiva gravità dell'infermità fisica, la quale sia tale da dar luogo, cumulata alla ordinaria afflittività della restrizione della libertà, ad un trattamento contrario al senso di umanità e ad una sostanziale elusione del diritto individuale, costituzionalmente garantito, alla tutela della salute da parte dell’ordinamento”.
V.4.b. Un detenuto affetto da AIDS o le sue diverse manifestazioni cliniche: AIDS conclamato, Sindrome correlata all’AIDS (ARC), Linfoadenopatia persistente (LAS), determina numerose problematiche all’Amministrazione penitenziaria. Il paziente-detenuto deve eseguire periodicamente, controlli e accertamenti, con lo scopo di monitorizzare la patologia e di identificare precocemente eventuali infezioni opportunistiche, inoltre deve essere sottoposto a terapia antiretrovirale, con l’utilizzo di farmaci estremamente tossici che obbligano i detenuti a subire accertamenti diagnostici frequenti per poter monitorizzare l’effetto tossico subìto dall’organismo da dette somministrazioni. L’utilizzo dei farmaci antiretrovirali è limitato esclusivamente ai reparti di malattie infettive ospedaliere e universitarie o altri centri, dediti al trattamento dell’HIV, escludendo così la possibilità di trattare il detenuto malato nelle strutture di detenzione. Purtuttavia è obbligo dell’Amministrazione carceraria, tentare di garantire al detenuto le stesse possibilità terapeutiche del soggetto non detenuto, per cui i sanitari che lavorano nei penitenziari tentano comunque un approccio terapeutico.
E’ bene sottolineare, che in base n.135 del 05-06-1990, l’effettuazione del test dell’HIV deve essere rivolto solo ai soggetti consenzienti, per cui la maggior parte dei detenuti si oppongono allo screening infettivologico. Dalla situazione appena detta, emerge l’impossibilità di monitorizzare la situazione carceraria, sotto il profilo infettivo; tuttavia dei dati statistici ottenuti nel corso dell’anno 2002 (tabella sotto)ci possono approssimativamente far vedere la situazione infettivologica dell’ HIV, nelle carceri italiane.