Il Sole 24 Ore Sanità
«Malato il 60-80% dei detenuti nelle carceri italiane»: la denuncia delle Simspe
www.sanita.ilsole24ore.com/ 18 marzo 2014
Un detenuto su due soffre di una malattia infettiva, quasi uno su tre di un disturbo psichiatrico, circa il 25% è tossicodipendente. A lanciare l'allarme sulle pessime condizioni di salute che affliggono il 60-80% dei 64 mila carcerati italiani è la Simspe, la Società italiana di medicina e sanità penitenziaria che oggi al Senato a Roma ha presentato il quadro delle condizioni socio-sanitarie in condizioni di contenzione. «Purtroppo è una popolazione giovane, ma con problemi di salute anche molto gravi - spiega all'Adnkronos Salute Sergio Babudieri, presidente di Simspe onlus -. Lo dimostra anche lo studio recente condotto dalla Simspe in 35 istituti, con 15 mila detenuti coinvolti (circa il 25% del totale), dal quale è emerso che solo uno su 4 ha fatto il test per l'Hiv. Dato che contrasta con quello ufficiale: il 2-4% di chi è in carcere è sieropositivo. Siamo di fronte a una sottostima della patologia». Inoltre secondo i medici penitenziari «sono in aumento tra i detenuti gli atti di autolesionismo e i tentativi di togliersi la vita. Mentre ci sono stati 10 suicidi nei primi mesi del 2014 e 18 decessi naturali - spiega Giulio Starnini, segretario generale della Simspe - con i suicidi in leggero calo rispetto agli anni passati».
Gli operatori e le patologie. Sono circa 3-4 mila i medici e gli infermieri che lavorano negli istituto di pena italiani. Le stime sulla salute dei detenuti italiani elaborate dalla Simspe vedono in testa alla classifica delle patologie più diffuse le malattie infettive (48%); i disturbi psichiatrici (27%); le tossicodipendenze (25%); le malattie osteoarticolari (17%); le malattie cardiovascolari (16%); i problemi metabolici (11%); le patologie dermatologiche (10%). Per quanto riguarda le infezioni a maggiore prevalenza, il bacillo della tubercolosi colpisce il 22% dei detenuti, l'Hiv il 4%, l'epatite B (dormiente) il 33%, l'epatite C il 33% e la sifilide il 2,3%. Le cause - sottolineano i medici - sono da rintracciare in un'elevata presenza di soggetti a maggior rischio per le condizioni che riguardano le patologie più diffuse. Ovvero, soggetti con dipendenze da droghe o alcol e molti stranieri.
L'appello alle istituzioni. «La salute pubblica non può prescindere dalla salute in carcere - precisa Babudieri -. Pertanto le carenze di interventi sanitari adeguati nell'ambiente ristretto comportano inevitabili conseguenze sanitarie negative sulla popolazione detenuta, sul personale degli istituti, ma anche sull'intera collettività. Dopo il trasferimento delle funzioni sanitarie dal sistema centralizzato ed autonomo dell'Amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale (Ssn) - aggiunge - le Regioni ancora stentano a entrare nella cultura e nelle attività sanitarie del carcere. Serve quindi una profonda rivisitazione del sistema anche in questo periodo di crisi economica».
Emerge prepotente - evidenzia la Simspe - la necessità di un Osservatorio epidemiologico nazionale sulla salute in carcere perché i progressi della farmacologia, della clinica, della diagnostica evidenziano un quadro sempre più fluido dell'evento malattia in carcere, con una tendenza dinamica che necessita di una approfondita conoscenza per migliorare i target dell'intervento.
Il significato della cura. Nell'ambito della medicina penitenziaria, le stesse parole "salute" e "malattia" hanno connotazione e significati spesso differenti, dove spesso le malattie tendono esponenzialmente a crescere con, ad esempio, prevalenze significative delle epatopatie Hcv e Hbv correlate e delle pluripatologie internistiche. Curare le persone detenute - rilevano ancora dalla Simspe - è necessario, ma può essere difficile; qui l'aiuto che viene dalla ricerca più avanzata è essenziale, per migliorare l'adesione alle cure e la loro efficacia.
Quale naturale prosieguo dell'audizione del 7 novembre 2013 presso la XII Commissione Sanità del Senato, oggi SIMSPe intende sottolineare come la tutela della salute in carcere necessiti del confronto senza pregiudizi fra le professionalità sanitarie e le Istituzioni che hanno competenza sul pianeta carcere. Appare necessario ed urgente che le voci dall'interno possano avviare una fase culturale nuova, che faccia realmente aprire il Ssn a questo universo nascosto, nel quale i bisogni di salute sono amplificati dalla restrizione e le possibilità operative spesso si scontrano con prassi e normative che ancora non hanno recepito questo cambiamento epocale e straordinario, e che è compito della politica attualizzare e armonizzare.