Rapporto della Commissione Manconi approvato il 24.9.2014 [Maria Lombardi Stocchetti ]
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1. Segnaliamo ai lettori il Rapporto sui Centri d'Identificazione ed Espulsione (C.I.E.) pubblicato nel settembre del 2014 dalla Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani. Il rapporto, di oltre 150 pagine, rappresenta il risultato di un periodo di indagine svolto dalla Commissione nel 2013 e nei primi mesi del 2014, avente ad oggetto le strutture destinate alla detenzione amministrativa degli stranieri irregolari, considerate sotto il profilo del rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona.
Perché la Commissione straordinaria del Senato sui diritti umani si sia occupata dei C.I.E. è presto detto: quei centri - notoriamente - sono per lo più strutture di tipo carcerario, nelle quali spesso si assiste a sistematiche violazioni dei diritti umani, sotto forma di privazione della libertà personale in condizioni inumane e degradanti e - ciò che più conta - senza il presupposto della commissione di un reato e in assenza delle garanzie proprie del diritto e del processo penale. Sono allora evidenti le ragioni dell'interesse dei penalisti nei confronti della detenzione amministrativa degli stranieri e della realtà normativa e applicativa dei centri dove questa misura viene attuata.
2. Prima di dare brevemente conto del contenuto del rapporto sono opportune alcune precisazioni.
In primo luogo, va segnalato che il lavoro della Commissione straordinaria del Senato, qui presentato ai lettori, si pone in linea di continuità con un altro rapporto (Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia) già redatto dalla stessa Commissione, istituita durante la precedente legislatura, del quale rappresenta un aggiornamento.
In secondo luogo va segnalato - a testimonianza dell'attenzione delle istituzioni parlamentari sui C.I.E. - che dopo la pubblicazione del rapporto qui presentato la Camera dei Deputati, nel novembre del 2014, ha istituito un'apposita Commissione d'inchiesta sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei C.I.E., come anche nei Centri Di Accoglienza (C.D.A.) e nei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A.).
In terzo luogo, infine, precisiamo ai lettori che il rapporto qui presentato è stato redatto prima dell'entrata in vigore della l. 30 ottobre 2014, n. 163 che - come già segnalato in questa Rivista - ha ridotto drasticamente il termine di durata massima della detenzione nei C.I.E. (da diciotto mesi a tre mesi; 30 giorni in caso di pregresso stato di detenzione in un istituto di pena), conformemente agli auspici della Commissione straordinaria che ha redatto il rapporto qui presentato.
Il rapporto è suddiviso in cinque parti: quattro capitoli e una sezione dedicata agli allegati, nella quale possono leggersi, tra l'altro, i Regolamenti Interni dei C.I.E. visitati dalla Commissione e le Risoluzioni adottate dalla Commissione stessa.
3. Il primo capitolo (p. 7-11) presenta una sintesi ragionata dei diversi interventi normativi in tema di detenzione amministrativa e di regolamentazione dei C.I.E. Viene posto l'accento sui rapporti tra la disciplina interna e il diritto UE, con particolare riferimento alla Direttiva 2008/115/CE (c.d. Direttiva rimpatri), sottolineando alcuni deficit a riguardo delle garanzie previste dalla disciplina interna. Sul fronte della compatibilità dei C.I.E. con i principi costituzionali, si segnalano poi le interessanti considerazioni condotte in rapporto all'art. 13 Cost. In quanto forma di privazione della libertà personale, la detenzione nei C.I.E. dovrebbe essere ricondotta al perimetro costituzionale dell'art. 13 Cost. e delle sue garanzie; senonché dal rapporto emerge quel che è noto, e cioè che tali garanzie - procedurali e sostanziali - non sono al momento accordate dalla normativa vigente.
4. Il secondo capitolo (p. 13-20), anche grazie al supporto di interessanti dati statistici, fotografa la realtà dei C.I.E. nel luglio 2014. Vengono individuati i centri ancora aperti - alla data del rapporto cinque erano i centri funzionanti, su un totale di undici centri presenti su tutto il territorio - e per ciascuno il rapporto si sofferma sulle diverse criticità, dando conto peraltro dei movimenti di protesta che ne sono scaturiti, in particolare ponendo in luce le due class action proposte dai trattenuti nei centri di Bari e Gradisca d'Isonzo.
Dai dati emerge, tra l'altro, un dato di grande rilevanza, ossia il fatto che i centri sono assolutamente poco incisivi in termini di rimpatri. In effetti, nel corso del 2013 sono stati 6.016 i soggetti trattenuti nei C.I.E., e di questi solo 2.749 sono stati effettivamente rimpatriati. D'altra arte, si legge nel rapporto che il numero di soggetti rimpatriati in seguito ad un trattenimento nei C.I.E. rappresenta solo lo 0,9% del totale stimato degli stranieri irregolarmente soggiornanti in Italia.
5. Nel terzo capitolo (p. 22-38) il rapporto si sofferma sulle criticità riscontrate in seguito alle visite di delegati della Commissione nei singoli centri, che hanno messo in luce modalità di trattenimento del tutto inadeguate in relazione al rispetto della dignità e dei diritti fondamentali dei trattenuti.
In merito la Commissione sottolinea le misure minime che dovrebbero essere adottate, per esempio in materia di tempi di trattenimento, di modalità di gestione dei centri, e di categorie di soggetti trattenuti (diversi immigrati vengono trattenuti nonostante la loro situazione non lo necessiti, o addirittura non lo permetta). Vengono infine avanzate proposte e richieste (come quella di dare effettiva applicazione alla direttiva Amato-Mastella per l'identificazione degli immigrati in carcere, al fine di snellire la procedura ed arginare il fenomeno della doppia-detenzione) che sono racchiuse anche all'interno della Risoluzione approvata il 5 marzo 2014, riportata tra gli allegati (p. 147).
6. Il quarto capitolo (p. 40-79) consente poi, attraverso il resoconto delle visite dei membri delegati, di "entrare" nei centri per rendersi conto di quale sia la realtà dei C.I.E.: una realtà poco nota, anche in considerazione del fatto che l'accesso a questi non-luoghi dall'esterno è praticamente impossibile.
Ciascuna visita è stata strutturata nel medesimo modo. Innanzitutto la delegazione della Commissione incontra, prima dell'ingresso nel centro, le diverse realtà coinvolte (autorità della Prefettura, enti gestori e associazioni che, in rari casi, operano all'interno dei C.I.E.) per acquisire informazioni di carattere generale circa capienza, posti effettivamente occupati e durata media del trattenimento. In seguito la visita: in tutti i casi i membri della Commissione riscontrano un clima di forte tensione all'interno dei centri e condizioni di trattenimento particolarmente afflittive, soprattutto a causa del grave isolamento a cui sono costretti gli occupanti.
Molto interessanti, e tragici in tanti casi, sono i resoconti degli incontri con gli immigrati trattenuti. Dai racconti emergono le condizioni inumane cui le persone sono sottoposte ed anche la disomogeneità delle storie e delle situazioni. A riprova della gravità della situazione vi sono i dati sul numero di atti di autolesionismo, che avvengono frequentemente (solo nel C.I.E. di Gradisca d'Isonzo da settembre 2012 a settembre 2013 si sono verificati 61 casi), e quelli sul numero di persone che assumono psicofarmaci, che siano sedativi o calmanti, o farmaci molto più potenti.
Ciascuno dei resoconti è, infine, corredato da tabelle che riassumono i dati principali, e da diversi articoli di stampa.
Quest'ultima parte del rapporto assume un'importanza decisiva per comprendere con efficacia il problema dei C.I.E. e della loro attuale gestione; ed è proprio a seguito delle suddette visite che la Commissione ha chiesto al Ministro degli Interni la chiusura di molti dei centri ancora aperti.
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