Sentenza 312/1985
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
 
Presidente PALADIN
 
  Relatore MALAGUGINI
 
Camera di Consiglio del 09/10/1985
 
  Decisione del 03/12/1985
 
Deposito del 06/12/1985
 
  Pubblicazione in G. U.
 

 

 

 
Massime: 11216  
 


 

                                 N. 312                                  
                        SENTENZA 3 DICEMBRE 1985                         
                Deposito in cancelleria: 6 dicembre 1985.                
     Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 291 bis dell'11 dicembre 1985.     
                     Pres. PALADIN - Rel. MALAGUGINI                     
     Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  - 
 Ordinamento penitenziario - Legge 26 luglio 1975, n.  354,  art.  47  - 
 Affidamento  in  prova  del  detenuto  al servizio sociale - Revoca del 
 provvedimento  di  ammissione  per  motivi  non  dipendenti  dall'esito 
 negativo  della  prova  -  Computabilita' del periodo trascorso ai fini 
 della espiazione della pena - Omessa previsione - Violazione  dell'art. 
 13  della  Costituzione  (cfr.  sent.  n.  185/1985)  -  Illegittimita' 
 costituzionale in parte qua.                                            



 

                         LA CORTE COSTITUZIONALE                         
     composta dai signori: Prof. LIVIO PALADIN, Presidente - Avv. ORONZO 
 REALE - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof.  ANTONIO  LA  PERGOLA  -  Prof. 
 VIRGILIO  ANDRIOLI  -  Prof.  GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - 
 Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO -  Dott.  ALDO  CORASANITI  - 
 Prof. GIUSEPPE BORZELLINO - Prof. RENATO DELL'ANDRO, Giudici,           
     ha pronunciato la seguente                                          
                                SENTENZA                                 
     nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 47 della 
 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e 
 sull'esecuzione  delle  misure  privative e limitative della liberta'), 
 promosso con  ordinanza  emessa  il  9  ottobre  1984  dalla  Corte  di 
 cassazione   sul   ricorso  proposto  dal  Procuratore  Generale  della 
 Repubblica presso la  Corte  d'appello  di  Roma  nel  procedimento  di 
 sorveglianza relativo a Ferraro Luciano, iscritta al n. 69 del registro 
 ordinanze  1985  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 
 n. 80 bis dell'anno 1985.                                               
     Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei 
 ministri;                                                               
     udito  nella  camera  di  consiglio  del  9 ottobre 1985 il Giudice 
 relatore Alberto Malagugini.                                            
                           


 

                           Ritenuto in fatto:                            
     1. - Nel corso del giudizio sul ricorso  proposto  dal  Procuratore 
 generale  della  Repubblica  presso  la Corte d'appello di Roma avverso 
 l'ordinanza del 1 febbraio 1984 della Sezione  di  sorveglianza  presso 
 detta Corte d'appello che, revocando l'affidamento in prova al servizio 
 sociale   di   Ferraro   Luciano  per  insussistenza  delle  condizioni 
 legittimanti l'affidamento retrodatava  gli  effetti  della  revoca  al 
 momento  della  costituzione  in  carcere  del Ferraro e non al momento 
 iniziale dell'affidamento, la Corte di cassazione  sollevava  questione 
 di legittimita' costituzionale dell'art. 47 della l. 26 luglio 1975, n. 
 354, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione.           
     La Corte rimettente rilevava che l'art. 47 della l. n. 354 del 1975 
 impedisce  di scomputare il periodo trascorso in affidamento dalla pena 
 detentiva da eseguire in tutti i casi di revoca  del  provvedimento  di 
 affidamento,  senza  distinguere tra i casi di revoca dovuta al cattivo 
 esito della prova e quelli di revoca (o annullamento)  per  sussistenza 
 di    cause    originarie    o    sopravvenute    di   inammissibilita' 
 dell'affidamento. Il predetto art. 47 sarebbe percio' in contrasto:  a) 
 con  l'art.  3  Cost.,  in  ragione  della  indebita  equiparazione fra 
 situazioni del tutto diverse e  della  discriminazione  fra  situazioni 
 similari come quella dei condannati che superano il periodo di prova ed 
 ottengono  l'estinzione  della  pena,  e quella dei condannati che, pur 
 avendo in tutto o in parte superato detto periodo di prova, non possono 
 ottenere, per ragioni indipendenti dal proprio comportamento, l'effetto 
 dell'estinzione;  b)  con  l'art.     13  Cost.,   in   ragione   della 
 insussistenza  di  un  titolo  giustificativo  della  restrizione della 
 liberta' personale del condannato una volta  venuto  meno  l'originario 
 provvedimento giudiziario preveduto dai commi quarto e quinto dell'art. 
 47  della  l. n. 354 del 1975; c) con l'art. 27 Cost., in ragione della 
 vanificazione  della  funzione  di  rieducazione  e   risocializzazione 
 propria   della   pena   che  sarebbe  cagionata  dalla  previsione  di 
 conseguenze sfavorevoli al condannato per fatto non  addebitabile  alla 
 sua condotta.                                                           
     2.  - Nel giudizio cosi' instaurato non vi e' stata costituzione di 
 parti, ne' ha spiegato  intervento  il  Presidente  del  Consiglio  dei 
 ministri.                                                               
                         


 

                         Considerato in diritto:                         
     1.  - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di cassazione, 
 prima sezione penale, dubita, in riferimento agli  artt.  3,  13  e  27 
 Cost.,  della  legittimita' costituzionale dell'art.  47 della legge 26 
 luglio 1975, n. 354 - recante "Norme sull'ordinamento  penitenziario  e 
 sull'esecuzione  delle  misure privative e limitative della liberta'" - 
 "nella parte in cui non prevede che valga come espiazione  di  pena  il 
 periodo  di affidamento in prova al servizio sociale nel caso di revoca 
 del provvedimento di ammissione per motivi  non  dipendenti  dall'esito 
 negativo della prova".                                                  
     Nella  motivazione  dell'ordinanza,  la  Corte  rimettente richiama 
 espressamente,  facendole  nella  sostanza  (e   talora   testualmente) 
 proprie,  le argomentazioni gia' addotte a sostegno dell'illegittimita' 
 costituzionale del citato  art.  47  ord.  penit.,  in  riferimento  ai 
 medesimi  parametri,  nelle ordinanze emesse dalle Sezioni unite penali 
 della medesima Corte in data 7 febbraio 1981 (proc. Talluto  Arcangelo; 
 r.o.   104/83) e dalla stessa prima sezione penale di questa in data 26 
 settembre 1983 (proc. Reinhart Marco; r.o. 171/84).                     
     2. - Decidendo sugli incidenti di costituzionalita' promossi con le 
 citate ordd. n. 104/83 e 171/84 (nonche' con altra ordinanza analoga  - 
 n.  914/83 - emessa il 17 febbraio 1983, pure nel proc. Reinhart Marco, 
 dalla stessa prima sezione penale della Corte di legittimita'),  questa 
 Corte, con la sentenza n. 185 del 1985, ha dichiarato "l'illegittimita' 
 costituzionale  dell'art.  47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella 
 parte in cui non consente che valga come espiazione di pena il  periodo 
 di  affidamento  in  prova al servizio sociale, in caso di annullamento 
 del provvedimento di ammissione". Come risulta dalla narrativa in fatto 
 di  detta  sentenza,  le  fattispecie  oggetto  dei  giudizi  a  quibus 
 concernevano  due  casi di annullamento di provvedimenti di affidamento 
 in prova  al  servizio  sociale,  motivati:  a)  dall'essere  stato  il 
 trattamento  disposto  prima del decorso del termine minimo di tre mesi 
 dal passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di  condanna,  richiesto 
 dall'art.  47  ord. penit. ai fini dell'osservazione della personalita' 
 in istituto (proc. Talluto); b) dalla sopravvenienza di altra  sentenza 
 di  condanna  a  pena  che, cumulata con quella in relazione alla quale 
 l'affidamento in prova era stato disposto, superava il  limite  di  due 
 anni  e  sei  mesi  previsto  dal  medesimo art. 47 come condizione per 
 l'applicabilita' della misura (proc. Reinhart).                         
     Nel  caso  ora  in  esame,  era oggetto di impugnativa innanzi alla 
 Corte rimettente il provvedimento di revoca, da parte della Sezione  di 
 sorveglianza  di  Roma,  dell'affidamento  in  prova di Ferraro Luciano 
 precedentemente disposto dalla Sezione  di  sorveglianza  de  L'Aquila; 
 revoca   determinata   dalla   sopravvenuta   considerazione,  in  sede 
 esecutiva, di una sentenza di condanna  non  computata  nel  precedente 
 provvedimento  di  cumulo  e  dalla  conseguente  fissazione della pena 
 espianda, in sede di nuovo cumulo, in una misura superiore ai due  anni 
 e sei mesi di reclusione.                                               
     Trattasi,  quindi,  di  un caso di caducazione del provvedimento in 
 tutto  analogo,   quanto   a   presupposti   ed   effetti,   a   quelli 
 precedentemente  esaminati,  ed  in particolare a quello descrittto sub 
 b). Ed e' evidente che, sul piano  della  valutazione  di  legittimita' 
 costituzionale,   vanno  unitariamente  considerati  tanto  i  casi  di 
 annullamento, quanto quelli di revoca per cause  originarie  o  -  come 
 nella  specie  -  sopravvenute  di inammissibilita' dell'affidamento in 
 prova al servizio sociale: a nulla rilevando, a tali fini,  la  diversa 
 denominazione dei provvedimenti terminativi.                            
     Anche  rispetto  alle  ipotesi di revoca fondate su ragioni diverse 
 dall'esito negativo della prova deve, quindi, ribadirsi quanto ritenuto 
 nella citata decisione n. 185 del 1985: che non  e'  cioe'  ,  "neppure 
 pensabile"  - alla stregua del disposto dell'art. 13 Cost. - "che... il 
 periodo effettivamente trascorso in affidamento  in  ottemperanza  alle 
 specifiche   prescrizioni  imposte  al  condannato,  venga,  viceversa, 
 considerato come non mai trascorso ovvero inutilmente  trascorso",  con 
 la conseguenza che esso va computato nella pena da espiare.             
                            PER QUESTI MOTIVI                            
                         LA CORTE COSTITUZIONALE                         
     dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 47 della legge 
 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che  valga  come 
 espiazione  di  pena  il  periodo  di  affidamento in prova al servizio 
 sociale, nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per  motivi 
 non dipendenti dall'esito negativo della prova.                         
     Cosi'  deciso  in  Roma,  in  camera di consiglio, nella sede della 
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1985.       
                                   F.to: LIVIO PALADIN - ORONZO REALE  - 
                                   ALBERTO   MALAGUGINI   -  ANTONIO  LA 
                                   PERGOLA   -   VIRGILIO   ANDRIOLI   - 
                                   GIUSEPPE  FERRARI  - FRANCESCO SAJA - 
                                   GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO -  ALDO 
                                   CORASANITI  -  GIUSEPPE  BORZELLINO - 
                                   RENATO DELL'ANDRO.                    
                                   GIOVANNI VITALE - Cancelliere