Dal dibattito di Milano: Le leggi per la salute mentale, cittadini, persone,
soggetti
Leggendo l’opuscolo Proposta
di legge “181”. Con lo sguardo rivolto al futuro. Norme per valorizzare, in
continuità con la legge 180/1978, la partecipazione attiva di utenti,
familiari, operatori e cittadini nel Servizi di salute mentale e per
promuovere buone cure in tutta Italia, non ho potuto fare a meno di
osservare che nelle Note
introduttive mancano i
riferimenti al quadro normativo e a quello istituzionale che, di solito,
accompagnano la presentazione di un testo di legge che si propone di avere
ampio respiro. E’ anche curioso che, come precedente normativo, venga
indicato solo il DPR 10.11.99 e non il suo precedente 07.04.94 e che non si
faccia cenno dell’avvenuta riforma del Titolo V della Costituzione, con la
rielaborazione delle materie esclusive e concorrenti nell’ambito della
sanità. E quindi non si comprende come mai non si citino le normative
regionali, alle quali per altro le stesse Leggi 180 e 833 del 78’
demandavano l’attuazione della riforma.
Mi pare che, senza tener presente quei due passaggi, sia difficile poi una
disamina puntuale delle questioni relative alla salute mentale nel nostro
paese. Osservo solo che il DPR occupa il secondo livello nella gerarchia
normativa e che indicarlo come portatore di una sua intrinseca debolezza
nella capacità di far rispettare il proprio dettato, rischia di lasciare in
secondo piano il fatto di per sé allarmante che moltissime leggi italiane, a
causa dell’abnorme stratificazione legislativa, e non solo, finiscono per
restare lettera morta.
Per entrare nel vivo della mia partecipazione al dibattito, ho affermato che
condividevo la tua (Dott. De Stefani, ndr)
argomentazione sul quarto dei principi (i primi tre essendo indicati nelle Note)
che la 180 introduce: la salvaguardia indiretta dei diritti della persona
sofferente, con l’abolizione diretta della normativa del 1904 e di ogni
altra disposizione che fosse incompatibile con la 180 stessa.
Osservo ora che una proposta di legge che non tenga conto di questo
passaggio cruciale, misconosciuto e/o trascurato nelle più svariate sedi,
rischia di essere monca là dove dovrebbe essere più avvertita. Il tema della
violazione dei diritti della persona, ora che esistono gli strumenti di
critica giuridica per avere consapevolezza dei gravi reati che si consumano
quotidianamente contro le persone sofferenti (ingiurie, minacce, sequestro
di persone e violenza privata) nei servizi di mezza Italia, non ottiene il
suo giusto rilievo giurisprudenziale e informativo per un solo motivo: la
paura che trattiene le persone direttamente e indirettamente interessate da
quelle violazioni dal denunciarle all’opinione pubblica e alla magistratura.
Per inciso noto che il taglio degli ultimi cinque articoli, dal 20 al 24,
operato nel testo distribuito in sala, rispetto all’ultima versione
distribuita in rete, elimina anche quel pallido riferimento alle pratiche di
contenzione (Non prevede al suo interno [dell’spdc, nda]interventi
di costrizione fisica dei degenti) che il soppresso articolo 21
conteneva.
In sala ho fatto notare come il testo della 181 fosse con ogni probabilità
destinato ad entrare in conflitto di costituzionalità fin dall’esame in
commissione, se pure riuscirà ad essere esaminato dal Parlamento e, nel caso
assai improbabile di sua approvazione, ad aumentare la stratificazione
legislativa, visto che non prevede nessuna abrogazione di legislazione
precedente.
Per ragioni di tempo non ho potuto integrare l’osservazione con quella a lei
legata che, con il dispendio di energie profuso per la compilazione del
testo di legge e la sua divulgazione accompagnata dalla raccolta di firme,
si sarebbero potute condurre sul territorio efficaci azioni di tutela dei
diritti delle persone con sofferenza psichica e sviluppare ulteriormente le
altre azioni previste dal circuito Le
parole ritrovate.
Ho fatto tuttavia notare che la proposta di un nuovo testo di legge da
sovrapporre a mo’ di integrazione a quello della 180, indebolisce le residue
possibilità di quest’ultima di essere attuata nello spirito e negli sviluppi
di critica e discussione, cui il suo varo ormai lontano ha dato vita. Molto
meglio rafforzare la spinta ad attuare quelle parti normative che ne
discendono, da lei e dai progetti obiettivi e dalla letteratura in
proposito, piuttosto che lanciare la sfida di un nuovo testo che, aggiungo
ora, presenta elementi di criticità preoccupanti.
di Virgilio Baccalini
Cari,
mi accingo ad evadere la richiesta relativa al mio intervento nel corso
del confronto legge 180 v/s 181 presso la camera del lavoro CGIL di Milano
(Le leggi per la salute mentale, cittadini, persone, soggetti – vedi)
Purtroppo il tempo a disposizione per esporre un intervento strutturato
era limitatissimo e quindi non ho potuto esprimere compiutamente il mio
pensiero peraltro in un’atmosfera vergognosamente conflittuale.
Pertanto oltre a scrivere quel poco che ho detto, mi sforzerò di
esprimere qui sul Forum la mia opinione.
Premetto che, dopo avere ripetutamente letto la premessa e l’articolato
della proposta di legge 181, non sono ancora riuscito a capirne pienamente
l’obiettivo.
Intervento
Sono Gianluigi Postini, socio dell’associazione familiari “Piccoli Passi
Per” di Bergamo, socio fondatore dell’associazione culturale di Lovere (BG)
e vice presidente della cooperativa “Biplano” di tipo A e B che opera nel
campo privato sociale della salute mentale, dove sono presente in qualità di
“sentinella” a tutela dell’utente.
Da 21 anni mi occupo della salute mentale in qualità di familiare e oggi,
dopo tanto faticoso peregrinare, posso umilmente annoverarmi nella schiera
dei cosiddetti “Utenti Familiari Esperti” per portare la mia testimonianza
sul territorio come volontario.
Nella premessa della proposta di legge 181 si parla di fiducia e speranza ed
io, purtroppo, vi parlo in qualità di familiare profondamente deluso.
Ho lavorato una vita in un’industria di fama mondiale quale responsabile
della qualità e posso affermare che non viene dato seguito a quanto nella
premessa della proposta di legge 181 dove “si garantisce la declinazione
di alcuni degli aspetti più importanti del cosa, dove, come, quando
e perché”. Ritengo, a tale proposito, che la proposta, con l’ambiziosa
finalità di andare oltre la legge 180, contenga delle linee guida ma non dia
seguito ad un’apposita “procedura”.
Probabilmente si pensa, a mio parere illusoriamente, che una volta approdata
in parlamento, vi sia qualcuno che provveda a riempirla di contenuti (cosa
ci aspettiamo ancora dopo aver letto la proposta di legge Ciccioli & C.!).
Purtroppo, dopo i numerosi interventi che mi hanno preceduto, posso
affermare senza tema di essere smentito che siamo di fronte ad una guerra
fra “zoccoli e ciabatte”. Mi riferisco non tanto alla diatriba epistolare
fra UNASAM e URASAM cui si è fatto accenno ma, in particolare, alle
posizioni contrapposte espresse con forza da familiari e da autorevoli
membri di associazioni che li rappresentano. Un associazionismo diviso e
conflittuale che evidenzia quanto sia prevalente un approccio
individualistico ai problemi comuni.
Mi chiedo quindi “perché” propagandare una proposta di legge tanto divisiva?
A cosa e a chi serve? Non basta sapere che la legge 180 è applicata a
macchia di leopardo e dove è applicata vi sono tangibili risultati
eccellenti riconosciuti anche dall’OMS?
Non si capisce come l’art.16 di una prima stesura: Articolazione
risposta alla crisi (apertura
CSM almeno 12 ore ogni giorno la settimana….), sia poi confluito nell’art.7
di una seconda stesura: Il
dramma della
crisi (…negli orari
di chiusura del CSM la risposta è data dal personale del DSM presente in
servizio attivo o in pronta disponibilità collegato funzionalmente al
Dipartimento di emergenza dell’Ospedale generale di riferimento).
Quali costi per due strutture parallele (DSM, CSM)? Non basterebbe una
Direzione (DSM), un CSM aperto 24 ore 7 giorni su 7 con 8 posti letto e un
SPDC (porte aperte e senza contenzioni) con 8 posti letto per casi di
particolare gravità destinati a confluire in breve tempo nel CSM, così come
a Trieste?
L’anno scorso a Bergamo è stato aperto nell’Ospedale un SPDC per un totale
di 45 posti letto suddiviso in tre moduli di 15 posti letto dove gli utenti
sono trasferiti da un modulo all’altro e sostano per un tempo indefinito a
seconda del grado di gravità in attesa che si liberi un posto presso le
comunità riabilitative.
I due CPS sono degli ambulatori aperti 8 ore al giorno dal lunedì al venerdì
pomeriggio e, come primo traguardo, è stata avanzata da qualche nostro
familiare una proposta di mantenerli aperti 12 ore tutti i giorni della
settimana senza pensare alle risorse economiche e umane da impiegare per il
potenziamento dei due CPS aggiunti al mantenimento del succitato SPDC.
Non entro in merito al Decreto Regionale 4221 emanato dalla Regione
Lombardia in cui si impone una “riabilitazione a tempo” (18 mesi o 36 mesi)
a secondo del tipo di comunità perché l’analisi richiederebbe troppo tempo.
Nella mia presentazione mi sono dimenticato di dire che faccio parte, come
familiare, del tavolo dell’Organismo di Coordinamento della Salute Mentale (OCSM),
istituito presso l’ASL, dove esiste un’evidente riprovevole e insanabile
frattura fra il sanitario e il sociale e dove, forti del loro sapere,
dettano legge i primari dei tre DSM.
All’inizio ho detto che sono un familiare deluso ormai senza fiducia e
speranza. Posso dire però, che quando, per stemperare la mia tensione
accumulata nel constatare lo stagnante sistema psichiatrico bergamasco, vado
a Trieste con il mio pesante fardello di illusioni torno a casa con preziose
gocce di rinnovata speranza.
P.S.: Considerazioni
Ho apprezzato l’intervento della dr.ssa Carla Ferrari che ha rilevato con
parole forti la sua immane fatica ed impotenza nel dover constatare
l’arretratezza del sistema psichiatrico bresciano in cui è chiamata a
operare quotidianamente.
Non ho per nulla apprezzato l’intervento del sig. Martelli, vice presidente
dell’URASAM che, con un’evidente supponenza provocatoria, si è permesso di
dire al dr. Dell’Acqua che è “disinformato” inducendo lo stesso dr.
Dell’Acqua a una concitata replica immediata.
Nell’intervento conclusivo il dr. Dell’Acqua, dopo aver rimarcato le ragioni
della legge 180, sostenuta da un’esperienza di oltre 35 anni, affermava che
la legge 181 anche dopo aver raccolto le sufficienti firme per approdare in
parlamento “non andrà da nessuna parte”.
Il dr. De Stefani ha elencato i nemici della sua proposta di legge: UNASAM,
Psichiatria Democratica, Forum della Salute Mentale, CGIL, lamentando con
disappunto che hanno contrastato la sua proposta di legge a livello
nazionale, affermando che, nonostante tutto, continuerà imperterrito la sua
instancabile opera di divulgazione rendendosi disponibile per chi
desiderasse invitarlo ovunque per un suo intervento.
Questo alla faccia della cultura del “fare assieme” e dell’incontro fra i
saperi!
Mi chiedo infine perché si è arrivati a questo esasperato confronto?
Non si poteva, prima della stesura della proposta di legge per garantire il
massimo coinvolgimento possibile, consultare i rappresentanti degli enti
interessati per condividere le varie linee di pensiero in assenza, come si
afferma nelle note introduttive, di un impianto legislativo forte che
tenesse assieme il variegato mondo della salute mentale italiana?
E ancora, quale lo scopo, la finalità, l’obiettivo, se non l’ambizione di
passare alla storia con una malcelata cronica presunzione medica?
Concludo permettendomi di rivolgere il mio accorato monito a quegli
operatori della salute mentale che mi piace definire “contadini della
salute” o “costruttori della salute” :
Contadini della salute quindi,
perché devono sporcarsi le mani con i fatti e non pulirsi la coscienza con
le parole.
Costruttori della salute perché
devono essere come “artigiani” capaci di ricostruire la
casa dell’altro, ma soprattutto abitarla insieme.
Gino Postini