Luisa Romano
Ancora dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 75-bis d.P.R. n. 309 del 1990
www.penalecontemporaneo.it/ 28 Aprile 2016
Giud. di pace Chioggia, 14 dicembre 2015, ord. (G.U. n. 15 del 13.04.2016)
1. Le perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della disciplina di cui al vigente art. 75-bis del d.P.R. n. 309 del 1990, già sollevate dalla Sesta Sezione della Corte di cassazione in due coeve ordinanze di rimessione di qualche mese orsono (cfr. Cass., Sez. VI penale, ord. 4 giugno 2015 (dep. 23 settembre 2015), n. 38560, Pres. Conti, Est. Fidelbo; Id., ord. 17 giugno 2015 (dep. 23 settembre 2015), n. 38561, Pres. Conti, Est. Mogini, pubblicate entrambe su G.U. del 24 febbraio 2016, n. 8] sono state condivise anche dalla giurisprudenza onoraria).
In effetti, la citata disposizione del T.U. stup. - che contempla un nutrito e variegato ventaglio di misure di prevenzione applicabili nei confronti di diverse categorie di tossicodipendenti ed assuntori di sostanze stupefacenti che, in relazione alle modalità od alle circostanze dell'uso delle stesse, possono rappresentare un pericolo per la sicurezza pubblica - è stata fatta oggetto di un ulteriore provvedimento di rinvio alla Corte costituzionale, pubblicato in G.U. il 13 aprile scorso.
2. Questa volta a dubitare della conformità delle previsioni introdotte nel 2006 è il giudice di pace di Chioggia, chiamato a convalidare un provvedimento questorile con cui, a carico del prevenuto, sono state disposte le misure restrittive di cui al citato art. 75-bis, co. 1, lett. b) - obbligo di rientrare nelle propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata - e lett. f) - divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore -, in ambo i casi per un periodo di due anni.
Le censure - formulate al metro dell'art. 77, co. 2, Cost. - riguardano la totale estraneità del ridetto art. 75-bis - inserito nel T.U. stup. dall'art. 4-quater del d.l. n. 272 del 2005, conv., con modificazioni, dall'art. 1, co. 1, della l. n. 49 del 2006 - rispetto alle originarie previsioni del citato provvedimento interinale, in spregio al principio di necessaria omogeneità ovvero di interrelazione funzionale tra norme di un decreto-legge e quelle della relativa legge di conversione.
A riprova della lamentata distonia di contenuto e ratio tra il provvedimento governativo e quello di conversione, in grado di tradirne - secondo l'ordinanza - il carattere di legge "funzionalizzata e specializzata", il giudice a quo, ritenuti inconferenti gli altri articoli del provvedimento di necessità e d'urgenza, mette a raffronto la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale con l'art. 4 del d.l. n. 272 del 2005.
Quest'ultimo, rubricato "Esecuzione delle pene detentive per tossicodipendenti in programmi di recupero", si proponeva, come è noto, di impedire l'interruzione dei programmi terapeutici cui fossero sottoposti tossicodipendenti recidivi, in particolare ripristinando la sospensione dell'esecuzione della pena nei confronti di quanti avessero un programma terapeutico in atto (e, al contempo, sopprimendo l'allora neo-introdotto art. 94-bis del d.P.R. n. 309 del 1990, il quale aveva ridotto da quattro a tre anni la pena massima che, per i recidivi, consentiva l'affidamento in prova per l'attuazione di un programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza).
Per contro - si argomenta nell'ordinanza di rinvio - l'art. 4-quater, inserito nel corpo del decreto in sede di conversione, «ha disciplinato l'applicazione, nei confronti di "qualificati" assuntori di stupefacenti, di un dettagliato sistema di misure preventive di pubblica sicurezza, irrogabili anche a prescindere dall'esecuzione di pene detentive, dalla recidiva dei condannati e, addirittura, dall'esistenza stessa di un programma terapeutico di recupero in corso nei loro confronti» (e financo, si potrebbe aggiungere, a prescindere da condanna alcuna).
D'altronde, sempre secondo il giudice rimettente, a dimostrare come lo stesso legislatore reputasse esorbitanti le innovazioni introdotte con la legge di conversione vi sarebbe la modifica apportata al titolo originario del decreto-legge, cui, in sede di conversione, veniva aggiunta la locuzione «e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309».
Neppure evocando, quale parametro per la formulazione del giudizio di omogeneità dell'art. 4-quater, il fine traguardato dal decreto-legge nel suo complesso - e cioè quello di garantire l'effettivo e sicuro svolgimento delle olimpiadi invernali - si potrebbe giungere a conclusione diversa quanto alla rilevata estraneità della menzionata disposizione.
D'altro canto - fa notare ancora il giudice a quo -, gli artt. 4-bis e 4-vices ter del medesimo d.l. n. 272, previsioni parimenti introdotte nel corpo del decreto dalla legge di conversione, sono stati già dichiarati illegittimi in riferimento all'art. 77, co. 2, Cost., in quanto essi, a dispetto dell'art. 4 del decreto-legge, «riguardavano gli stupefacenti e non la persona del tossicodipendente ed in quanto norme a connotazione sostanziale, e non processuale, perché dettanti la disciplina dei reati in materia di stupefacenti».
Alla luce di ciò, evidenziatane la rilevanza per il giudizio principale, l'ordinanza conclude per la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-quater del d.l. n. 272 del 2005, conv., con modificazioni, dall'art. 1, co. 1, della l. n. 49 del 2006 per contrato con l'art. 77, co. 2, Cost.
3. Come si evince dalla sintesi del provvedimento di rinvio, gli argomenti valorizzati dal rimettente replicano - efficacemente compendiati - quelli posti a sostegno delle analoghe censure formulate dai giudici di legittimità in merito all'art. 75-bis del d.P.R. n. 309 del 1990.
Semmai, il dato di novità è rappresentato dal fatto che nell'ordinanza in epigrafe si lamenta il contrasto con l'art. 77, co. 2, Cost. stigmatizzando in via esclusiva il difetto di nesso contenutistico e di interrelazione funzionale, ma non, ancorché in via subordinata, la mancata ricorrenza - quanto alla medesima disposizione sospettata di illegittimità - del presupposto della necessità ed urgenza, che, come noto, deve potersi apprezzare, a pena di non conformità a Costituzione, anche in relazione alle norme che siano state aggiunte ad un decreto-legge in sede di sua conversione.
Sui contenuti, già in altra occasione, ovvero commentando una delle due ordinanze della Sesta Sezione della Corte di cassazione (cfr., volendo, L. Romano, L'art. 75-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 al vaglio della Corte costituzionale: ovvero della neve e della droga insieme, in questa Rivista), abbiamo palesato il nostro convincimento in ordine alla non manifesta infondatezza della questione rimessa all'attenzione dei giudici costituzionali.
Aggiungiamo soltanto che l'assonanza che una disposizione rubricata "Provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica" potrebbe forse rievocare se riguardata in relazione ad un decreto emanato al fine di garantire pur sempre la sicurezza (pubblica) nel corso di una importante manifestazione sportiva si rivela assonanza ingannevole non appena si consideri, tra le altre cose, che, nel caso di specie, al momento in cui la norma impugnata veniva approvata, le Olimpiadi invernali di Torino erano già in pieno svolgimento, e, addirittura, che, alla data di entrata in vigore della previsione, la manifestazione aveva avuto oramai conclusione.
4. A questo punto non resta che attendere la pronuncia della Corte costituzionale.
A tal proposito, vale però la pena segnalare che l'anzidetta Corte, il 20 aprile scorso, è stata chiamata a scrutinare una questione che ha forti connessioni con quella di cui si va discorrendo.
Si allude all'ordinanza con cui il G.I.P. del Tribunale di Nola ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 77, co. 2, Cost., dell'art. 75-bis, co. 6, del d.P.R. n. 309 del 1990, ivi inserito dall'art. 4-quater del d.l. n. 272 del 2005, conv., con modificazioni, dalla l. n. 49 del 2006, vale a dire della disposizione incriminatrice dell'inosservanza delle misure di prevenzione cui al medesimo art. 75-bis (cfr. G.I.P. Tribunale di Nola, 22 giugno 2015, ord., pubblicata in G.U. n. 47 del 25.11.2015).
In tal caso, in particolare, il giudice remittente evidenziava - in sintonia con una partitura argomentativa che a questo punto dovrebbe risultare familiare - che, mentre, con l'art. 4, «il Governo interveniva con una disposizione di natura processuale in materia di esecuzione della pena, al fine di impedire l'interruzione, nei confronti dei soggetti recidivi condannati, dei programmi di recupero dalla tossicodipendenza, «l'art. 4-quater, viceversa, inserendo nel D.P.R. n. 309/1990 l'art. 75-bis, dava luogo ad una nuova fattispecie incriminatrice a danno del soggetto destinatario di una misura di prevenzione, inadempiente alle prescrizioni in essa contenute, dunque una disposizione di carattere sostanziale e sanzionatorio, e non già processuale, che nulla a che vedere con le finalità di garantire la non interruzione dei programmi di recupero dalla tossicodipendenza e riguarda, evidentemente, la ritenuta necessità di sottoporre a regime punitivo le condotte di inottemperanza alle prescrizioni di polizia, al fine di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica».
Inoltre, reputava la norma impugnata priva dei requisiti della necessità e dell'urgenza richiesti dallo stesso art. 77, co. 2, Cost., il cui difetto, secondo la giurisprudenza costituzionale, non sarebbe sanabile per il tramite della legge di conversione.
Ebbene, ognuno vede come le conclusioni cui siano giunti i giudici costituzionali nell'occasione potrebbero risultare dirimenti in relazione alla questione di legittimità dell'art. 75-bis complessivamente considerato, sebbene, come è probabile, concernenti soltanto (e auspicabilmente votate a censurare) la rigorosa fattispecie contravvenzionale di cui al vigente art. 75-bis, co. 6, del d.P.R. n. 309 del 1990[1].
Anche se, a meno di un'improbabile declaratoria di inammissibilità della questione[2], non è da escludere che la Corte costituzionale abbia dichiarato incostituzionale l'art. 4-quater in toto, così come, con la sentenza n. 32 del 2014, Essa ebbe a dichiarare illegittimo in toto - oltre all'art. 4-bis - l'art. 4-vicies ter. E ciò nonostante che, nel caso di specie, la Terza Sezione della Corte di Cassazione avesse impugnato l'art. 4-bis, nella (sola) parte in cui aveva novellato l'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, segnatamente parificando il trattamento sanzionatorio riservato alle condotte ivi stigmatizzate, e l'art. 4-vicies ter, co. 2, lett. a) e co. 3, lett. a), n. 6, nella parte in cui, sostituendo gli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 309 del 1990, aveva fortemente inciso il pregresso sistema tabellare.
[1] E, dunque, ferma restando, in una tale evenienza, la penale rilevanza di ipotizzabili condotte poste in violazione delle (non caducate) misure di prevenzione di cui all'art. 75-bis, co. 1, del d.P.R. n. 309 del 1990.
[2] Per vero, non manca di suscitare una qualche perplessità la scelta di impugnare «l'art. 75-bis, comma 6, del d.P.R. n. 309/1990, come modificato dal decreto-legge n. 272 del 30 dicembre 2005, art. 4-quater, convertito, con modificazioni, nella l. n. 49 del 21 febbraio 2006» (così, testualmente, il dispositivo dell'ordinanza del G.I.P. di Nola) piuttosto che l'art. 4-quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, nella parte in cui introduce la fattispecie contravvenzionale alla cui applicazione veniva chiamato il giudice rimettente.