La Stampa, il 08/07/13
Il riferimento generico all’amnistia, fatto
senza particolari precisazioni in interventi destinati alla
pubblica opinione, va spacchettato e sciolto per vedere cosa
può contenere.
Il favore dichiarato dal ministro della
Giustizia per un’amnistia non può certo esprimere solo
un’opinione personale. È invece da credere che sia
l’annuncio della posizione di questo governo, diversa da
quella del precedente. Evidentemente si considera
insufficiente il recente provvedimento in materia di pene
detentive. In effetti, non si capisce come possano essere
state diffuse stime di migliaia di detenuti che
ritroverebbero la libertà o otterrebbero pene alternative al
carcere.
Per ciascuno dovrà intervenire la decisione
del giudice, che, secondo i criteri ordinari, dovrà valutare
in particolare se vi sia rischio di recidiva. Il risultato è
naturalmente imprevedibile e comunque non sarà rapido come
sarebbe necessario.
Il riferimento generico all’amnistia, fatto
senza particolari precisazioni in interventi destinati alla
pubblica opinione, va spacchettato e sciolto per vedere cosa
può contenere. In particolare bisogna distinguere l’amnistia
dall’indulto o condono. Quest’ultimo è sostanzialmente uno
sconto di pena, che produce un’anticipazione della
liberazione per i condannati che siano detenuti. L’amnistia
invece estingue il reato: prima della sentenza non si ha
condanna e dopo la sentenza cessa l’esecuzione della pena.
In passato solitamente il provvedimento di clemenza
conteneva sia l’amnistia, che l’indulto. L’amnistia
estingueva i reati minori - normalmente quelli pretorili,
punibili con la pena massima di tre anni di reclusione - con
molte specifiche esclusioni. L’indulto invece condonava le
pene pecuniarie e uno o due anni di quelle detentive. Anche
il provvedimento di indulto prevedeva limiti, escludendo
categorie di reati e di condannati, come i recidivi.
Salvo immaginare che si pensi a un’amnistia
di enorme ampiezza, tale da coprire ed estinguere reati
anche molto gravi, il suo effetto sul numero dei detenuti
presenti nelle carceri italiane sarebbe minimo.
Sostanzialmente porterebbe a marginali riduzioni di pena per
detenuti che, unitamente alla sanzione per gravi reati,
scontano anche quella per i reati minori ricompresi
nell’amnistia. Rimarrebbe irrisolto il problema del
sovraffollamento delle carceri, che vedono ora presenti
quasi ventimila detenuti in più dei circa quarantamila posti
dichiarati dal ministero. L’amnistia servirebbe invece a
orientare gli uffici giudiziari verso la definizione dei
procedimenti per i reati più gravi, eliminando una massa di
procedimenti minori, destinati spesso alla prescrizione. E,
se la amnistia è unita all’indulto, si eviterebbe di
condurre processi sostanzialmente inutili, essendo la pena
comunque condonata.
Guardando al problema gravissimo del
sovraffollamento delle carceri, che infligge a molti
detenuti un trattamento inumano, vietato dalla Costituzione
e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, lo
strumento è l’indulto. Si calcola che il condono di un anno
di reclusione possa portare alla liberazione anticipata di
circa diecimila detenuti, condannati a pene brevi o che ne
hanno già scontata una parte e sono quindi prossimi alla
liberazione. L’indulto ha anche il vantaggio di operare
immediatamente. E la rapidità del risultato corrisponde alla
necessità assoluta di non protrarre una situazione di grave
violazione in cui l’Italia si trova. Naturalmente si
tratterebbe di un provvedimento di emergenza, poiché il
problema del sovraffollamento nelle carceri richiede
provvedimenti strutturali. È indispensabile la selezione dei
reati puniti con pene detentive in carcere, insieme
all’ampliamento del numero e della natura delle sanzioni non
detentive e all’adeguamento degli edifici carcerari e del
personale che vi è addetto. Ma i tempi non sono brevi.
Indulto quindi e piccola e ben calibrata
amnistia al seguito. Non viceversa. Questo è il
provvedimento necessario e urgente se, come si dice, si
vuole affrontare il problema dell’eccessivo numero di
detenuti in rapporto alla possibilità delle carceri di
riceverli. In questo senso si potrebbe dire questa volta che
“ce lo chiede l’Europa”, aggiungendo anche che “ce lo chiede
la Costituzione”, che vieta pene contrarie al senso di
umanità.
Ma l’improvvisa conversione di tanti tra le
forze politiche finora indisponibili, sollecita qualche
interrogativo, che occorrerebbe chiarire subito. L’amnistia
estingue il reato e fa cessare sia le pene principali, che
quelle accessorie. L’indulto estingue o riduce solo la pena
principale. Le pene accessorie sono varie, legate al tipo di
reato e alla gravità della pena: dall’interdizione dai
pubblici uffici, che comporta l’ineleggibilità del
condannato, alla interdizione da una professione o dagli
uffici direttivi delle imprese, alla incapacità di
contrattare con la pubblica amministrazione, alla decadenza
o sospensione dalla potestà di genitore. Esse, anche se
dette appunto “accessorie”, hanno un rilevante significato
tanto che nei progetti di riforma del diritto penale se ne
raccomanda la trasformazione in pene principali, talora in
luogo della pena detentiva. La loro estinzione è automatica
con l’amnistia ed è solo eventuale con l’indulto, se c’è una
previsione espressa. Non vi è evidentemente alcun legame con
il problema urgente del sovraffollamento delle carceri. Ma
potrebbe rispondere a una finalità diversa.
Si richiede un intervento di “pacificazione”
e si è arrivati addirittura ad assimilare questa prossima
amnistia alla “amnistia Togliatti” che nell’immediato
dopoguerra volle contribuire alla fine della guerra civile
che aveva insanguinato l’Italia. Se ne è parlato già al
tempo delle trattative per la formazione del governo, con la
sua “strana maggioranza”. Se ci sarà un disegno di legge
governativo o un’iniziativa parlamentare capiremo di più.
Non è immaginabile un’amnistia amplissima, tale da coprire
per esempio le frodi fiscali o delitti per i quali i
trattati internazionali chiedono all’Italia maggiore
severità, come la corruzione. Ma accanto ad un’amnistia
della portata normale, già conosciuta nel passato, e
all’ombra di essa potrebbe passare un indulto applicabile a
una vasta schiera di reati e comprensivo delle pene
accessorie. La maggioranza richiesta dei due terzi dei
componenti di Camera e Senato dovrebbe però approvare un
articolo che specificamente preveda il condono delle pene
accessorie e tra queste quella che prevede la
ineleggibilità. Poiché v’è un’unica ineleggibilità che in
concreto pesi politicamente, quella che rischia Berlusconi,
la portata generale della legge di amnistia e indulto
nasconderebbe in realtà un provvedimento diretto alla
persona. Le proposte di legge, gli emendamenti, il dibattito
e la legge finalmente approvata permetteranno di valutare la
genuinità della nuova disponibilità a un atto di clemenza
nei confronti dei detenuti.