C. cost., sent. 25
febbraio 2014, n. 32, Pres. Silvestri, Est. Cartabia
1. Diamo
immediatamente notizia, in considerazione dell'enorme rilevanza
per la prassi, dell'avvenuto deposito della sentenza in epigrafe
(e scaricabile cliccando sotto su download documento), con la
quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del
decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio
2006, n. 49.
In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che le norme
impugnate, introdotte in sede di conversione del decreto legge, difettino
manifestamente di ogni connessione logico-funzionale con le
originarie disposizioni del decreto legge, e debbano
per tale assorbente ragione ritenersi adottate in
carenza dei presupposti per il legittimo esercizio del potere
legislativo di conversione ai sensi dell'art. 77, secondo comma,
Cost.
Rammentiamo peraltro che gli effetti di questa
sentenza, già pubblica sul sito della Corte, si produrranno
soltanto a partire dalla data della sua pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale, della quale daremo tempestivamente notizia.
2. Il
vizio procedurale rilevato
dalla Corte travolge -
affermano i giudici della Consulta (§ 4.5 dei "considerato in
diritto") - le
due norme per
intero, e non solo nella parte denunziata dal giudice
rimettente.
Per comodità del lettore, riportiamo qui per intero il
testo dell'art. 4-bis, che incide sull'art. 73 t.u.
stup. e che pertanto interessa direttamente l'attività dei
giudici penali, segnalando peraltro che l'art. 4-vicies ter,
pure interamente caducato, modifica una quantità di altre
disposizioni del testo unico:
Art. 4-bis
"1. All'articolo 73 del testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente:
"Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze
stupefacenti o psicotrope";
b) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo
17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o
mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta,
procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna
per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui
alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la
reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a
euro 260.000";
c) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito
chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17,
importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque
illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità,
in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con
decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il
Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga,
ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso
lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per
altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale;
b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o
psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il
quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene
suddette sono diminuite da un terzo alla metà";
d) al comma 2, le parole: "nel comma 1" sono sostituite
dalle seguenti: "nelle tabelle I e II di cui all articolo 14; la
parola: "otto" è sostituita dalla seguente: "sei" e le parole:
"lire cinquanta milioni a lire seicento milioni" sono sostituite
dalle seguenti: "euro 26.000 a euro 300.000";
e) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
"2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel
caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze
chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3
dell'allegato I al presente testo unico, utilizzabili nella
produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope
previste nelle tabelle di cui all'articolo 14";
f) i commi 3, 4 e 5 sono sostituiti dai seguenti:
"3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva,
produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da
quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.
4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i
medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B e C, di cui
all'articolo 14e non ricorrono le condizioni di cui all'articolo
17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo
alla metà.
5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze
dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i
fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si
applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della
multa da euro 3.000 a euro 26.000";
g) dopo il comma 5 è inserito il seguente:
"5-bis. Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai
reati di cui al presente articolo commessi da persona
tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o
psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta delle parti a norma
dell'articolo 14 del codice di procedura penale, su richiesta
dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba
concedersi il beneficio della sospensione condizionale della
pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie,
quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 74, secondo le modalità
ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio
locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L'Ufficio riferisce
periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto
dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274,
il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a
quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere
disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi
dell'articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di
violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro
di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dall' articolo
54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, su richiesta
del pubblico ministero o d'ufficio, il giudice che procede, o
quello dell'esecuzione, con le formalità di cui all'articolo 666
del codice di procedura penale, tenuto conto dell'entità dei
motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca
della pena con conseguente ripristino di quella sostituita.
Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per
cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica
utilità può sostituire la pena per non più di due volte".
3. L'integrale
caducazione delle due norme impugnate comporta la conseguenza -
afferma espressamente la Corte ("considerato in diritto" n. 5) -
che "tornino a ricevere applicazione l'art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai
validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche
apportate con le disposizioni impugnate".
Dovrà dunque tornare a trovare applicazione l'art. 73
nella versione antecedente al 2005, salve
le modifiche apportate dal legislatore in epoca successiva che
non sono interessate dalla sentenza odierna (ed
in particolare le
modifiche di cui al recentissimo d.l. 146/2013,
rispetto alle quali la Corte esplicitamente afferma - cfr.
"considerato in diritto" n. 3 - che "gli effetti del
presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano
in alcun modo la modifica disposta con il decreto-legge n. 146
del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione
successiva a quella qui censurata e indipendente da quest'ultima").
Nell'ultimo inciso dei "considerato in diritto" n. 6, la
Corte invero afferma che "rientra nei compiti del
giudice comune individuare quali norme, successive a quelle
impugnate, non siano più applicabili perché divenute prive del
loro oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e
quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in quanto
non presuppongono la vigenza degli artt. 4-bis e 4-vicies ter,
oggetto della presente decisione". Alla luce di quanto
affermato nel "considerato in diritto" n. 3, pare peraltro di
poter escludere che la Corte intendesse riferirsi qui alle norme
introdotte dal decreto-legge n. 146/2013, che la Corte afferma
esplicitamente essere "indipendenti" dalle disposizioni oggi
dichiarate illegittime: con conseguente salvezza
dell'attuale comma 5 dell'art. 73 t.u. stup., così come
modificato appunto dal d.l. 146.
4. Sulle
delicate operazioni interpretative che la Corte delega ora ai
giudici ordinari nella valutazione su quali norme debbano oggi
ritenersi vigenti, dovremo certamente nei prossimi giorni
ritornare, così come sui molti passaggi di non facile
interpretazione ma sempre di grande rilievo teorico dei quali
abbonda questa sentenza (dal tema della reviviscenza di norme
abrogate a quello degli obblighi internazionali di
criminalizzazione, sino a quello dei limiti del sindacato della
Corte sulle norme penali "di favore", dove paiono ormai travolti
gli argini a suo tempo apposti dalla sent. 394/2006).
Al solo, limitato fine di formire un piccolo aiuto alla
prassi applicativa, in un momento di comprensibile
disorientamento creato dall'accavallarsi di interventi non
coordinati del legislatore e della Corte costituzionale, abbiamo
nei giorni scorsi predisposto unatabella riepilogativa
delle successive versioni del testo dell'art. 73 t.u. stup.
succedutisi dal 2005