Adriano Sofri
Lettere: il detenuto che oggi "bisogna far tacere a tutti i costi" è il "procedurista"
Il Foglio, 13 marzo 2014
Il Monde ha pubblicato martedì un'intervista con Jean-Marie Delarue, "controllore generale dei luoghi di privazione della libertà", carica istituita in Francia nel 2008 (in Italia un garante nazionale dei detenuti non esiste ancora). Illustrandone il sesto rapporto, all'ultimo anno del suo mandato, Delarue spiega che il detenuto che oggi "bisogna far tacere a tutti i costi" è il "procedurista", quello deciso a far uso di tutte le procedure consentite dalla legge, quello che presenta esposti e denunce contro tutto ciò che nella condizione del carcere viola i suoi diritti.
È lui, più che il ribelle indisciplinato o violento, a disturbare soprattutto la macchina penitenziaria. Ed è dunque anche il bersaglio principale delle vessazioni, intimidazioni, punizioni: dai reclami cestinati all'impedimento del sonno, ai trasferimenti lontano dalla famiglia, alla provocazione tesa a farlo reagire per escluderlo dai benefici eccetera.
La constatazione vale altrettanto per l'Italia, dove molti detenuti (anche grazie alla buona scuola radicale e cattolica) hanno imparato a valersi della nonviolenza, e a rivendicare per via legale i propri diritti. Benché una parte molto grande dei detenuti non sia in grado, per l'ignoranza delle leggi, della lingua e appunto delle procedure, di farsi valere, cresce il numero e la qualità dei ricorsi.
Sull'Italia, come tutti sanno tranne i parlamentari che hanno allegramente disertato o bellamente ignorato i problemi esposti nel messaggio di Napolitano, grava una scadenza europea che qualcuno spera dilazionabile benché sia stata già dilazionata. Un detenuto consapevole dei propri diritti che ne chiede il rispetto è più pericoloso di uno violento o di uno autolesionista perché fa male all'amministrazione della giustizia e dello stato nel suo punto più sensibile: i soldi.