Marco Marzari

La scomparsa del contumace ed il nuovo processo all’imputato assente

http://marcomarzari.postilla.it/ 26 maggio 2014

Pochi giorni fa è entrata in vigore la L. 28/4/2014 n° 67 (in G.U. 2/5/2014 n. 100) che, sia negli intenti che si propone nel suo complesso, sia nelle modifiche immediatamente incidenti sul processo penale, è sicuramente una novella normativa di forte impatto, idonea a cambiare in modo sensibile il processo penale e, più ancora, la direzione che si vuole dare all’intervento penale rispetto ai fatti reato.

Le novità varate e sin d’ora in vigore concernono, come è noto, da un lato la sospensione del processo per messa alla prova dell’indagato, e dall’altro la cancellazione del processo contumaciale, prevedendosi invece la possibilità di procedere in absentia secondo determinati presupposti, ovvero di sospendere il processo nei confronti dell’imputato irreperibile.

Per quanto qui interessa, vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto, che costituisce una riforma senz’altro più volte auspicata dagli operatori del diritto, a fini pratici deflattivi (da anni si sostiene giustamente la assoluta antieconomicità della celebrazione di processi contro imputati irreperibili), oltreché dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sovente richiamato il nostro Paese alla predisposizione di idonee misure che garantiscano il processo all’imputato assente.

Partendo, infatti, dal dato normativo posto dall’art. 6 CEDU, secondo cui “ogni accusato ha diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico”, la Corte ha chiarito – laddove ce ne fosse bisogno – che il diritto dell’imputato a comparire personalmente al processo rientra nel diritto a un equo processo previsto dall’articolo 6 della CEDU e di conseguenza, per quanto concerne l’Italia, anche nell’art. 111 della Costituzione.

Bene, dunque, ha fatto il legislatore ad intervenire finalmente in modo organico su questa materia.

Ciò detto, tuttavia, mi pare che tra tante luci, vi sia anche qualche ombra, almeno per quanto concerne i presupposti sulla base dei quali il giudice può oggi procedere contro l’imputato assente, alla luce di quanto disposto dall’art. 420 bis c.p.p. Sinteticamente si potrà procedere in assenza: ovviamente quando l’imputato ha espressamente rinunciato a comparire, quando sia stato arrestato o sottoposto a misure cautelari, quando vi sia stata dichiarazione o elezione di domicilio, o nomina di difensore di fiducia “nel corso del procedimento”, quando “abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza” ovvero vi sia certezza che egli sia comunque a conoscenza “del procedimento”.

Si intuisce quale sia il punto dolente della previsione: la confusione, o comunque la sovrapposizione, dei differenti concetti di “procedimento” e di “processo” (per tale intendasi il riferimento all’udienza). Ed infatti, il prevedere come alternative tra loro le ipotesi di conoscenza “del procedimento” anche con quella – ben differente – della personale “notificazione dell’avviso dell’udienza” è un’operazione credo sbagliata, tale comunque da vanificare la ratio della riforma. E’ del tutto intuibile che una persona ben può essere genericamente a conoscenza dell’esistenza di un  “procedimento” (avendo eletto domicilio, essendo stato generalizzato nel momento iniziale), ma nel contempo non essere affatto concretamente a conoscenza dell’inizio del “processo” a suo carico (si pensi alle ipotesi in cui sia stato nominato un difensore d’ufficio, che non abbia contatti con l’imputato).

Sembra, in altri termini, che qui si sia tornati ad accontentarsi di una mera presunzione di conoscenza del processo in capo all’accusato: senonchè, questa è proprio la evenienza contraria allo spirito che dovrebbe permeare la riforma in oggetto!

Se così è, il rilievo non appare puramente accademico, ma foriero di prevedibili conseguenze in punto di costituzionalità della norma, ovverosia: al di fuori dell’ipotesi di notifica a mani dell’avviso dell’udienza, la mera conoscenza in capo all’imputato del “procedimento” garantisce l’equo processo nel senso dell’art. 6 CEDU e 111 Cost., come già più volte ribadito dalla Corte europea? Chi scrive ritiene che così non sia, in concreto, ma che viceversa la previsione contenuta nel nuovo art. 420 bis c.p.p. sia sospettabile di illegittimità laddove non prevede che debba risultare provata sempre in capo all’imputato la concreta conoscenza non del “procedimento”, ma dell’inizio del “processo” a suo carico.