Patrizia Maciocchi
Immigrazione: no all'espulsione per traffico di droga in presenza di figli piccoli
Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2014
Cassazione - Sezione IV. Sentenza 2 dicembre 2014 n. 50379. Il giudice non può espellere lo straniero, condannato per spaccio di stupefacenti se è padre di un bimbo di sei mesi.
La Cassazione, con la sentenza 50379, estende il diritto del genitore a non essere privato del rapporto con il figlio, affermato dalla Corte dei diritti dell'Uomo in tema di adozione, affidamento e procreazione, anche alle misure adottate dallo Stato nei confronti di chi ha commesso dei reati legati alla droga. I giudici accolgono il ricorso contro il provvedimento di espulsione di un immigrato, sposato con un'italiana, con la quale non conviveva più da tempo e padre di un bimbo nato a luglio del 2013.
La misura di sicurezza, giustificata dalla pericolosità sociale, era stata confermata dal giudice del rinvio che non aveva dato peso al fatto che l'imputato era, nel frattempo, diventato padre. La Cassazione ricorda invece l'obbligo di valutare l'applicabilità dell'espulsione alla luce del Testo unico sull'immigrazione (articolo 19, comma 2 lettera d) del Dlgs 286/98). La norma vieta, infatti, l'espulsione del marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.
Divieto di cui può beneficiare, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata (sentenza 137 del 2000) anche chi non è sposato né è convivente se padre di un bimbo in tenerissima età. Il principio della responsabilità genitoriale, dettato dalla Costituzione, deve impedire l'espulsione, prevista dal Testo unico della legge sugli stupefacenti di chi, pur avendo commesso reati legati alla droga ha un figlio che non ha ancora compiuto i sei mesi, valorizzando così l'intento del legislatore di individuare quali presupposti per l'applicabilità del divieto esclusivamente la relazione genitoriale e l'età del minore.
Ad ostacolare il provvedimento di sicurezza c'è anche l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, che tutela la vita privata e familiare dalle ingerenze della pubblica autorità a meno che l'interferenza con il diritto fondamentale non sia giustificata da determinate condizioni, a cominciare dai motivi di ordine pubblico che spetta al giudice di merito valutare. L'articolo 8, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, non si limita però ad evitare intrusioni arbitrarie, ma impone allo Stato anche degli obblighi positivi riguardo al rispetto effettivo della vita familiare.
Se risulta provata l'esistenza del legame i Governi devono adoperarsi per il suo sviluppo, adottando ad esempio le misure necessarie per i ricongiungimenti. Lo Stato gode di una discrezionalità nel disegnare i confini tra obblighi positivi e negativi, ma deve esercitarla senza perdere di vista il giusto bilanciamento degli interessi in gioco. Con questi deve fare i conti il giudice chiamato ad applicare l'espulsione mettendo sui piatti della bilancia l'interesse generale alla sicurezza sociale e quello del singolo alla vita privata familiare.