Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 29 gennaio 2013 - Ricorso n. 36276/10 - Cirillo c.Italia
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Ministero della Giustizia, Direzione generale del
contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da
Rita Carnevali, assistente linguistico
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA CIRILLO c. ITALIA
Ricorso n. 36276/10
SENTENZA
STRASBURGO
Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
Nella causa Cirillo c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda
sezione), riunita in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 18 dicembre
2012,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 36276/10)
proposto contro la Repubblica italiana con il quale un
cittadino di tale Stato, il sig. Bruno Cirillo («il
ricorrente»), ha adito la Corte il 4 giugno 2010 in virtù
dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la
Convenzione»).
2. Il ricorrente è stato rappresentato dall'avv. N. Delle
Vergini, del foro di Lucera. Il governo italiano («il
Governo») è stato rappresentato dal suo agente E. Spatafora.
3. Il ricorrente lamenta l'insufficienza della cure che gli
sono state dispensate nel carcere di Foggia per trattare la
sua patologia.
4. Il 5 gennaio 2012 il ricorso è stato comunicato al
Governo. Come consentito dall'articolo 29 § 1 della
Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe
pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito
della causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
5. Il ricorrente è nato nel 1980 e attualmente è detenuto a
Foggia.
6. Dal mese di marzo 2005 il ricorrente è affetto da una
paralisi subtotale del plesso branchiale sinistro, associata
ad una grave limitazione funzionale, provocata da un
proiettile di arma da fuoco. Inoltre soffre di disturbi
ansiosi e depressivi.
7. Il 18 novembre 2005 egli fu arrestato e rinchiuso nel
carcere di Reggio Calabria nell'ambito di una inchiesta per
omicidio. Con sentenza della corte di assise di appello di
Reggio Calabria del 7 dicembre 2007, il ricorrente fu
condannato alla pena di ventuno anni di reclusione.
8. I medici del carcere di Reggio Calabria ravvisarono la
necessità di effettuare dei cicli di kinesiterapia e di
elettrostimolazione in centri rieducativi specializzati.
9. Il ricorrente effettuò una prima terapia presso l'unità
di kinesiterapia dell'ospedale di Cittanova dal 20 febbraio
al 19 aprile 2006.
10. Il 24 luglio 2007 il medico del carcere di Messina,
dove il ricorrente era stato trasferito, segnalò al
direttore dell'istituto penitenziario che l'interessato
aveva bisogno di una terapia da eseguire presso un centro
specializzato.
11. Il 16 agosto 2007, il ricorrente fu visitato al Centro
Neurolesi di Messina. Il medico prescrisse al ricorrente
degli esercizi di kinesiterapia per la riabilitazione
dell'arto superiore sinistro e delle sedute di
elettroterapia per la stimolazione dei muscoli.
12. Dal fascicolo sanitario del carcere di Messina risulta
che il ricorrente beneficiò di alcune sedute di
kinesiterapia praticata dai medici del carcere, di cui non
sono state precisate la frequenza e la durata.
13. Il 14 dicembre 2008 il ricorrente fu trasferito nel
carcere di Foggia dove fece lo sciopero della fame dal 6 al
22 ottobre 2009 e dal 2 al 9 giugno 2010.
14. Nel 2009 il ricorrente presentò una istanza al
tribunale di sorveglianza di Bari per ottenere la
sospensione dell'esecuzione della pena a causa del suo stato
di salute. Egli sostenne che dal giorno del suo ingresso nel
carcere di Foggia aveva beneficiato soltanto di qualche
sporadica seduta di kinesiterapia e che, di conseguenza,
constatava un perdita progressiva della funzionalità del suo
braccio sinistro.
Il 21 dicembre 2009 il medico del carcere emise un
certificato in cui attestava che il ricorrente non era in
pericolo di vita ed era in attesa di effettuare un ciclo di
kinesiterapia per evitare la paralisi del tendine dell'arto
superiore sinistro.
15. Con ordinanza del 4 febbraio 2010, il tribunale, in
base al certificato del 21 dicembre 2009, dichiarò che le
patologie di cui soffriva il ricorrente potevano essere
curate in ambito carcerario. Il tribunale sostenne,
pertanto, che lo stato di salute del ricorrente era
compatibile con la detenzione a condizione che gli fossero
realmente assicurate regolari sedute di kinesiterapia, se
necessario tramite ricovero in centri esterni al carcere. Di
conseguenza, il tribunale respinse la domanda del ricorrente
e invitò l'amministrazione penitenziaria a valutare
l'opportunità di trasferire il ricorrente in un centro
clinico o in un altro penitenziario al fine di permettere un
controllo terapeutico costante ed effettivo.
16. Il 23 marzo 2010 il ricorrente presentò ricorso per
cassazione avverso l'ordinanza del tribunale di
sorveglianza, affermando che quest'ultimo avrebbe dovuto
disporre la sospensione dell'esecuzione della pena tenuto
conto della gravità del suo stato di salute. La Suprema
Corte respinse il ricorso del ricorrente il 7 dicembre 2010
confermando la compatibilità della detenzione con lo stato
di salute del ricorrente e considerando che l'interessato
non aveva mai dimostrato in quale modo la detenzione
domiciliare gli avrebbe consentito di trattare più
efficacemente la sua malattia.
17. In un certificato del 6 aprile 2011, il direttore
sanitario del carcere di Foggia attestò che il ricorrente
beneficiava periodicamente di cicli riabilitativi, con tempi
di attesa talvolta lunghi tenuto conto soprattutto del
numero di richieste pendenti e del sovraffollamento
esistente nell'istituto penitenziario.
18. In una data non precisata il ricorrente presentò
nuovamente al tribunale di sorveglianza una istanza volta ad
ottenere la detenzione domiciliare per ragioni di salute.
19. Il tribunale di sorveglianza respinse l'istanza del
ricorrente con ordinanza del 1° dicembre 2011 basandosi sui
rapporti redatti dai medici del carcere di Foggia il 10 e il
25 novembre 2011, i quali attestavano in particolare che il
ricorrente beneficiava di sedute di kinesiterapia a giorni
alterni dal 9 novembre 2011. Il tribunale di sorveglianza
dichiarò che lo stato di salute del ricorrente non
giustificava la concessione della detenzione domiciliare
perché la sua patologia poteva essere curata in ambito
carcerario a condizione di assicurargli cicli regolari di
kinesiterapia.
Peraltro, il tribunale di sorveglianza dispose la
trasmissione del fascicolo al dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria affinché fosse valutata
l'opportunità di trasferire il detenuto in un altro istituto
penitenziario dove avrebbe potuto ricevere cure adeguate al
suo stato di salute in maniera continua e regolare.
20. Risulta dal fascicolo che nel 2010 il ricorrente fu
sottoposto a sedute di kinesiterapia il 12, 13, 17, 18, 23 e
24 agosto e il 9, 10 e 13 settembre 2010. Nel corso
dell'anno 2011, furono dispensati due cicli di 10 sedute a
giorni alterni il 20 e il 24 gennaio e il 1°, 2, 3, 7, 11,
21, 24 e 28 febbraio 2011 e dal 9 novembre al 1° dicembre
2011.
21. Il 30 gennaio 2012 l'avvocato del ricorrente inviò un
reclamo al magistrato di sorveglianza di Foggia lamentando
l'interruzione dei trattamenti terapeutici dal 1° dicembre
1011 e chiedendogli di intervenire per preservare la salute
del ricorrente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
22. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista
dall'articolo 147 c, 1 n. 2 del codice penale, ai sensi del
quale:
«L’esecuzione di una pena può essere differita: (...)
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve
essere eseguita contro chi si trova in condizione di grave
infermità fisica; (...). »
23. Ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale, la decisione di sospendere l'esecuzione della pena può anche essere adottata d'ufficio dal tribunale di sorveglianza.
IN DIRITTO
I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
24. Il ricorrente lamenta l'insufficienza delle cure adeguate al suo stato di salute. Egli invoca l'articolo 3 della Convenzione così formulato:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»
25. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sulla ricevibilità
26. Il Governo eccepisce il mancato esaurimento delle vie
di ricorso interne sostenendo che, nel formulario di
ricorso, il ricorrente aveva omesso di informare la Corte di
aver presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza
del tribunale di sorveglianza del 4 febbraio 2010. Pertanto,
pur informando la Corte sugli sviluppi della procedura
interna, il Governo ritiene che l'interessato non abbia
assolto l'obbligo di provare di aver correttamente esaurito
le vie di ricorso che aveva a disposizione.
27. Il ricorrente si oppone all'eccezione del Governo.
28. La Corte osserva che alla data in cui è stato
presentato il ricorso, il ricorso del ricorrente avverso
l'ordinanza del 4 febbraio 2010 era pendente innanzi alla
Corte di cassazione. Quest'ultima si pronunciò il 7 dicembre
2010. Pertanto la Corte non può concludere che il ricorrente
non abbia esaurito le vie di ricorso interne e ritiene
opportuno rigettare l'eccezione del Governo.
29. La Corte constata che il ricorso non è manifestamente
infondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 (a) della
Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incorre in
nessun altro motivo di irricevibilità. E' quindi opportuno
dichiararlo ricevibile.
B. Sul merito
30. Il ricorrente lamenta che, nonostante le
raccomandazioni dei medici secondo le quali avrebbe bisogno
di sedute quotidiane di Kinesiterapia, egli può accedere
alle cure soltanto in maniera sporadica e inefficace e
questo fatto gli provoca un progressivo deterioramento delle
sue condizioni fisiche. Egli fa notare che nelle due
ordinanze aventi ad oggetto la detenzione, il tribunale di
sorveglianza di Bari aveva concluso per la compatibilità tra
la detenzione e il suo stato di salute a condizione che
fosse trasferito in un istituto che permettesse un controllo
medico regolare ma, nonostante le decisioni giudiziarie, il
ricorrente non è mai stato trasferito e la qualità delle
cure dispensate nel carcere di Foggia non è per nulla
migliorata.
31. Il Governo sostiene che la sospensione dell'esecuzione
della pena è una misura applicabile soltanto in caso di
infermità fisica grave che non permetta di mantenere il
detenuto in ambiente carcerario. Nel fare una corretta
applicazione di questo principio, le autorità nazionali
hanno concluso a ragione che lo stato di salute del
ricorrente era pienamente compatibile con la detenzione a
condizione che beneficiasse di trattamenti di kinesiterapia.
A tale proposito, il Governo afferma che fin dal suo
ingresso in carcere nel 2008, il ricorrente ha potuto
beneficiare di sette cicli di fisiokinesiterapia, ciascuno
dei quali prevedeva dieci sedute di elettrostimolazione dei
muscoli superiori nonché di trattamenti rieducativi
funzionali. In particolare, egli ha beneficiato di dieci
sedute nel corso dei mesi di agosto e settembre 2010, ossia
il 12, 13, 17, 18, 23 e 24 agosto e il 9, 10 e 13 settembre,
e di dieci sedute nel corso dei mesi di gennaio e febbraio
2011, ossia il 20 e 24 gennaio e il 1°, 2, 3, 7, 11, 21, 24
e 28 febbraio.
Il Governo sostiene, peraltro, che il ricorrente ha omesso
di indicare i periodi durante i quali non avrebbe
beneficiato delle terapie e ritiene che lo Stato convenuto
non dovrebbe essere obbligato a rimediare a questa
informazione carente facendo ricerche laboriose e onerose.
32. Il Governo afferma poi che il ricorrente si è rifiutato
di sottoporsi ad alcuni trattamenti raccomandati
dall'amministrazione. Questa mancanza di collaborazione con
le autorità competenti dovrebbe indurre la Corte a rigettare
le doglianze dell'interessato.
33. Il Governo fa osservare che lo stato di salute del
ricorrente è stato controllato regolarmente sia dal
personale sanitario del carcere che dai medici delle
strutture esterne presso le quali è stato visitato nel corso
della detenzione. In effetti l'interessato è stato
sottoposto ad un numero abnorme di esami e di visite mediche
specialistiche. Infine, una persona lo assisterebbe nel
compiere i gesti della vita quotidiana in carcere. Il
Governo conclude che la detenzione del ricorrente non è
stata contraria all'articolo 3 della Convenzione.
1. Principi generali
34. La Corte rammenta che affinché una pena o un
trattamento possano essere qualificati «inumani» o
«degradanti», la sofferenza o l'umiliazione inflitte alla
vittima devono oltrepassare quelle che inevitabilmente
comporta una determinata forma di trattamento o di pena
legittimi (Jalloh c. Germania [GC], n. 54810/00, § 68, CEDU
2006-IX).
35. In particolare, quando si tratta di persone private
della libertà, l'articolo 3 impone allo Stato l'obbligo
positivo di assicurarsi che le condizioni di detenzione
siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che
le modalità di esecuzione della misura non sottopongano il
detenuto ad uno stress o ad una prova la cui intensità
superi l'inevitabile livello di sofferenza inerente alla
detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della
carcerazione, la salute ed il benessere del detenuto siano
assicurati in modo adeguato, in particolare tramite la
somministrazione delle cure mediche richieste (Kudła c.
Polonia [GC], n. 30210/96, § 94, CEDU 2000 XI, e Rivière c.
Francia, n. 33834/03, § 62, 11 luglio 2006).
36. Le condizioni detentive di una persona malata devono
garantire la tutela della sua salute tenuto conto delle
ordinarie e ragionevoli contingenze della carcerazione. Se
dall’articolo 3 della Convenzione non è possibile dedurre un
obbligo generale di rimettere in libertà il detenuto o di
trasferirlo in un ospedale civile, anche se affetto da una
malattia particolarmente difficile da curare (Mouisel c.
Francia, n. 67263/01, § 40, CEDU 2002-IX), tale articolo
impone comunque allo Stato di proteggere l'integrità fisica
delle persone private della libertà. La Corte non può
escludere che, in condizioni particolarmente gravi, sia
possibile trovarsi in presenza di situazioni in cui una
buona amministrazione della giustizia penale esiga
l'adozione di misure di natura umanitaria (Matencio c.
Francia, n. 58749/00, § 76, 15 gennaio 2004, e Sakkopoulos
c. Grecia, n. 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004).
37. La Corte nota che la mancanza di adeguate cure mediche
può in linea di principio costituire un trattamento
contrario all'articolo 3 (si vedano İlhan c. Turchia [GC],
n. 22277/93, § 87, CEDU 2000-VII ; Gennadiy Naumenko c.
Ucraina, n. 42023/98, § 112, 10 febbraio 2004). La Corte
esige innanzitutto l'esistenza di un pertinente
inquadramento medico del malato e l'adeguamento delle
prescritte cure mediche alla sua particolare situazione.
L'efficacia del trattamento dispensato presuppone che le
autorità penitenziarie offrano al detenuto le cure mediche
prescritte da medici competenti (si vedano Soysal c.
Turchia, n. 50091/99, § 50, 3 maggio 2007; Gorodnitchev c.
Russia, n. 52058/99, § 91, 24 maggio 2007). Inoltre, la
diligenza e la frequenza con le quali le cure mediche sono
dispensate all'interessato sono due elementi da considerare
per valutare la compatibilità del suo trattamento con le
esigenze dell'articolo 3. In particolare, questi due fattori
sono valutati dalla Corte non in termini assoluti, ma
tenendo conto ogni volta del particolare stato di salute del
detenuto (Serifis c. Grecia, n. 27695/03, § 35, 2 novembre
2006; Rohde c. Danimarca, n. 69332/01, § 106, 21 luglio
2005; Iorgov c. Bulgaria, n. 40653/98, § 85, 11 marzo 2004;
Sediri c. Francia (dec.), n. 4310/05, 10 aprile 2007). In
generale, il deterioramento dello stato di salute del
detenuto non gioca di per sé un ruolo determinante per
quanto riguarda il rispetto dell'articolo 3 della
Convenzione. La Corte esaminerà di volta in volta se il
deterioramento dello stato di salute dell'interessato sia
ascrivibile a carenze nelle cure mediche dispensate (si veda
Kotsaftis c. Grecia, n. 39780/06, § 53, 12 giugno 2008).
2. Applicazione al caso di specie
38. Le doglianze del ricorrente vertono sulla qualità delle
cure che gli sono dispensate nel carcere di Foggia per il
trattamento della sua patologia.
La Corte osserva che il ricorrente ha chiesto più volte che
la sua pena fosse sospesa per ragioni mediche. Tuttavia, né
i medici, né i giudici che si sono occupati del caso del
ricorrente hanno concluso che lo stato di salute di
quest'ultimo fosse incompatibile con la detenzione
ordinaria, affermando al contrario che le cure necessarie
possono essere somministrate in ambiente carcerario (a
contrario, Scoppola c. Italia (n. 4), n. 65050/09, § 52, 17
luglio 2012). In queste condizioni, la Corte non può
concludere che il mantenimento in carcere del ricorrente sia
di per sé incompatibile con l'articolo 3 della Convenzione.
39. Al contrario, non viene contestato il fatto che il
ricorrente soffra di una patologia invalidante che necessita
di un controllo medico intensivo e regolare. In tal modo la
Corte deve appurare se nel caso di specie le autorità
nazionali abbiano fatto ciò che ragionevolmente si poteva
esigere da loro e, in particolare, se abbiano rispettato, in
generale, il loro obbligo di proteggere l'integrità fisica
del ricorrente attraverso la somministrazione di appropriate
cure mediche.
40. Il ricorrente è colpito da una paralisi subtotale del
braccio sinistro accompagnata da una grave limitazione
funzionale. Inoltre soffre di disturbi ansiosi e depressivi.
Gli elementi del fascicolo dimostrano che tutti i medici che
lo hanno esaminato hanno continuamente dichiarato la
necessità di sottoporlo a cicli regolari di kinesiterapia
per alleviare le sue sofferenze e per impedire la paralisi
totale del tendine del braccio. I magistrati di sorveglianza
hanno peraltro invitato due volte l'Amministrazione
penitenziaria a fare tutto il possibile per garantire al
sig. Cirillo delle sedute continue di kinesiterapia
(paragrafi 15 e 19 supra).
41. Il Governo, che non contesta la gravità dello stato di
salute del ricorrente e la necessità che riceva cure
regolari, conferma che quest'ultimo ha beneficiato di un
controllo sufficiente e adeguato sin dal suo ingresso in
carcere. Come prova dinanzi alla Corte vale il calendario
delle sedute di kinesiterapia dispensate nel corso degli
anni 2010 e 2011. Peraltro il Governo ritiene che sia il
ricorrente a dover indicare i periodi durante i quali non
avrebbe avuto accesso alle cure e considera che lo Stato non
sia tenuto a difendersi da doglianze formulate in maniera
imprecisa.
42. Innanzitutto riguardo quest'ultima affermazione del
Governo, la Corte, sensibile alla particolare vulnerabilità
delle persone che si trovano sotto il controllo esclusivo
degli agenti dello Stato, quali le persone detenute, ritiene
utile qui ricordare che la procedura prevista dalla
Convenzione non sempre si presta ad una applicazione
rigorosa del principio affirmanti incumbit probatio (la
prova spetta a chi afferma). Quando il governo convenuto è
l'unico ad aver accesso alle informazioni che possono
confermare o inficiare le affermazioni del ricorrente, il
fatto che un governo si astenga dal fornire le informazioni
in suo possesso senza dare una giustificazione soddisfacente
può permettere di trarre delle conclusioni quanto alla
fondatezza delle affermazioni in questione (si vedano, fra
altre, Ahmet Özkan e altri c. Turchia, n. 21689/93, § 426, 6
aprile 2004; Flamînzeanu c. Romania, n. 56664/08, § 90, 12
aprile 2011).
43. Comunque sia, limitandosi nella fattispecie all'esame
degli elementi presenti nel fascicolo e al di là di
qualsiasi altra considerazione, la Corte osserva che il
ricorrente è stato sottoposto a dieci sedute di
kinesiterapia nel 2010 e a venti sedute nel 2011 (paragrafi
20 e 30 supra). Tuttavia, la Corte non è dello stesso parere
del Governo e ritiene che queste informazioni non contestate
provino, contrariamente alle affermazioni del Governo, che
il ricorrente ha potuto accedere solo sporadicamente alle
cure di cui avrebbe bisogno in maniera assidua e costante.
44. Se è vero che il fascicolo sanitario del ricorrente
dimostra che quest'ultimo è stato visitato più volte dai
medici, come sostiene il Governo, la Corte rammenta che non
è sufficiente che il detenuto sia visitato e che sia
stabilita una diagnosi. Per la salvaguardia della salute del
detenuto, è fondamentale che siano anche messi in atto una
terapia corrispondente alla diagnosi stabilita e un
controllo medico adeguato (Poghossian c. Georgia, n.
9870/07, § 59, 24 febbraio 2009; Raffray Taddei c. Francia,
n. 36435/07, § 59, 21 dicembre 2010).
45. La Corte osserva, inoltre, che l'affermazione del
ricorrente riguardo l'insufficienza delle cure mediche
adeguate sembra essere confermata anche dal certificato
della direzione sanitaria del carcere di Foggia del 6 aprile
2001 che riconosce la difficoltà per il ricorrente di aver
accesso alle cure a causa dell'elevato numero di domande e
del sovraffollamento che regna nell'istituto penitenziario
(paragrafo 17 supra).
La Corte non sottovaluta le difficoltà di garantire alle
persone detenute delle cure specializzate intensive e
regolari, soprattutto in una situazione di sovraffollamento
carcerario. Ritiene tuttavia che le carenze strutturali del
sistema penitenziario non dispensino lo Stato dai suoi
obblighi verso i detenuti malati.
46. Secondo la Corte, la patologia presentata dal
ricorrente e l'inadeguatezza del carcere di Foggia quanto
meno avrebbero dovuto indurre le autorità a trasferire
quest'ultimo in un istituto che gli avrebbe garantito delle
cure adeguate al fine di escludere qualsiasi rischio di
trattamenti inumani, conformemente a quanto raccomandato dai
magistrati di sorveglianza.
47. Infine, riguardo l'argomento secondo il quale il
ricorrente avrebbe ostacolato l'operato delle autorità per
mancanza di collaborazione, la Corte nota che il Governo si
è limitato a far riferimento in modo vago ad alcuni rifiuti
che l'interessato avrebbe opposto ai trattamenti, senza
precisare la portata di tali rifiuti, né produrre documenti
a sostegno della sua affermazione. Del resto nel fascicolo
non vi è nulla che provi che il comportamento del ricorrente
abbia ostacolato l'azione delle autorità competenti e sia
stato la causa delle carenze nel suo controllo medico.
48. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte
ritiene che, nel caso di specie, le autorità siano venute
meno al loro obbligo di assicurare al ricorrente il
trattamento medico adeguato alla sua patologia. La Corte
ritiene che la prova subita dal ricorrente in seguito a
questo fatto vada oltre l'inevitabile livello di sofferenza
inerente alla detenzione e abbia costituito un «trattamento
inumano o degradante» ai sensi dell'articolo 3 della
Convenzione. A tale proposito la Corte non perde di vista il
fatto che il ricorrente soffre anche di disturbi
psicologici.
La Corte ammette che nel caso di specie nulla indica che vi
sia stata una vera intenzione di umiliare o di sminuire il
ricorrente. Tuttavia, la mancanza di una tale finalità non
può escludere una constatazione di violazione dell'articolo
3 (mutatis mutandis, Peers c. Grecia, n. 28524/95, § 74,
CEDU 2001 III).
49. Pertanto. vi è stata violazione dell'articolo 3 della
Convenzione.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa. »
A. Danno
51. Il ricorrente chiede un risarcimento per i danni
materiali e morali che avrebbe subito, senza tuttavia
quantificare le sue pretese.
52. Il Governo si oppone.
53. La Corte non ravvisa alcun nesso di causalità tra la
violazione constatata ed il danno materiale addotto,
peraltro non quantificato, e rigetta la richiesta del
ricorrente presentata a questo titolo. Al contrario, ritiene
che il ricorrente abbia subito un torto morale certo e,
decidendo in via equitativa, ritiene opportuno accordare al
ricorrente 10.000 EUR.
B. Spese
54. Il ricorrente chiede anche 5.000 EUR per tutte le spese
sostenute dinanzi ai giudici interni e dinanzi alla Corte.
55. Il Governo si oppone.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente
può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella
misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e
il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto
conto dei documenti in suo possesso e della sua
giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole la somma di
3.000 EUR per tutte le spese e la accorda al ricorrente.
C. Interessi moratori
57. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
- Dichiara il
ricorso ricevibile;
- Dichiara che
vi è stata violazione dell'articolo 3 della Convenzione;
- Dichiara:
- che lo Stato convenuto deve versare al
ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in
cui questa sentenza sarà diventata definitiva
conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione,
le seguenti somme:
- 10.000 EUR (diecimila euro), più l'importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
- 3.000 EUR (tremila euro), più l'importo
eventualmente dovuto a titolo di imposta, per le
spese legali;
- che, a decorrere dalla scadenza di detto termine
e fino al versamento, tali importi dovranno essere
maggiorati di un interesse semplice ad un tasso pari
a quello delle operazioni di rifinanziamento
marginale della Banca centrale europea applicabile
durante questo periodo, aumentato di tre punti
percentuali;
- che lo Stato convenuto deve versare al
ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in
cui questa sentenza sarà diventata definitiva
conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione,
le seguenti somme:
- Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 29 gennaio 2013, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.
Stanley
Naismith
Cancelliere
Danutė
Jočienė
Presidente